Non se ne può più degli ultimi dodici mesi di propaganda razzista contro i giovani meridionali.
Il Razzismo di per sé fa, sempre, schifo. E’ inaccettabile, umanamente, la discriminazione in base al colore della pelle o ad un credo religioso. Ma è ancora peggiore , più odiosa, l’attribuzione di una presunta inferiorità “razziale” ed etica delle popolazioni del Sud Italia. Il famoso teorema del terrone. Oggi si viene biasimati, si commette quasi un reato, se si dice “un negro” invece che “un nero”. Mentre, la parola “terrone” è addirittura entrata, giovialmente, nel vocabolario della lingua italiana. La si usa – per carità scherzando – nei film, come sui giornali, nei conversari privati. Non si riflette mai che ci troviamo di fronte a un lurido concetto di razzismo, che attraversa la Storia d’Italia in modo carsico dal 1860. Ammorbando il procedere della nostra Comunità nazionale. Concetto, subdolamente e costantemente enunciato, in modo sornione, appoggiandolo a battute animate da beceri luoghi comuni. In gran parte, questo malvezzo viene utilizzato come la spiegazione indiretta per giustificare, in modo menzognero o omissivo, le disastrose dinamiche economiche e civili del Sud-Italia. Ovviamente , non si spiega mai che una nuova stagione di impoverimento del Meridione è scattata durante “l’Era del voto maggioritario della cosiddetta seconda Repubblica” (1994 – 2017) . Quando, i trasferimenti finanziari nazionali e, soprattutto, gli investimenti per opere pubbliche e di stimolo all’apparato produttivo ed industriale al di giù di Roma, si sono ridotti di parecchio, significativamente. O addirittura, in taluni casi risultano scomparsi, come in quello delle risorse aggiuntive per il Sud, sparite dalla circolazione dopo la vile e disastrosa abolizione della Cassa per il Mezzogiorno.
E’ un dato di cronaca che sino a gran parte degli anni 50, sui portoni di molti palazzi piemontesi si leggeva il cartello “non si affitta ai meridionali”. Perché il razzismo antimeridionali in Italia ha radici antiche. Procede a cicli arbitrari. Ha i suoi punti alti ed i suoi bassi. Perché, purtroppo, è’ incistato nella stessa Storia di come è stata fatta ed è nata l’unità nazionale. La famigerata scelta politica dei Savoia – dopo “l’impresa dei Mille” – di annettere con la forza le regioni del Sud Italia. Il cui Pil, allora in certi comparti, era sino a sette volta maggiore di quello delle regioni del Nord. Le stesse, che oggi sono considerate, economicamente, le “locomotive” d’Italia. Ma da dopo le elezioni politiche del 4 marzo 2018, l’andamento del razzismo antimeridionale è cresciuto d’intensità e di ampiezza, senza più alcuna pudicizia o vergogna. In un crescendo rossiniano, agevolato negli ultimi dieci mesi dal montante degrado dell’Informazione italiana, probabilmente quale anticipazione di una nuova stagione di saccheggio economico e di discredito etico del Sud-Italia. Per cui leggendo le prime pagine dei giornali o ascoltando i TG, possono, alle volte, cambiare i titoli e gli accenti, ma la musica di fondo (il sound della cosiddetta “narrazione”) è sempre identica. I giornalisti italiani, così operando, stanno offrendo l’impressione diffusa di aver rinunciato alla loro indipendente capacità di lettura della realtà.
Infatti, siamo di fronte all’esplodere di una incredibile ondata razzista, promossa a reti unificate. Il pretesto (che si sa ci vuole sempre), stavolta, è il “Reddito di cittadinanza”. Che essendo una legge nazionale riguarderebbe tutta Italia. Ma non è così nella “narrazione dominante”. L’hanno presa alla lontana. Sinché, il 10 gennaio 2019, sulla prima pagina di Libero abbiamo scoperto che “ ai meridionali 3 cariche istituzionali su 4 : comandano i terroni! “. Cosa passata tutto sommato sottotono. Perché definita, per lo più, una “cosa stupida”, o una “provocazione”.
Come mai ? Con il pretesto di parlare del reddito di cittadinanza, dal 5 marzo 2018 è partita in Italia la più massiccia campagna di istigazione ed apologia del razzismo (contro i meridionali e i poveri) che si sia mai vista in Europa negli ultimi decenni. Roba da propaganda becera da Ku Klux Klan. In tal modo, abbiamo scoperto che i giovani meridionali italiani, in linea di principio, stanno tutti i giorni sul divano a mangiare patatine e pop-corn : lazzaroni senza alcuna voglia di lavorare. Gentaglia abituata a vivere di mezzucci, di piccoli e grandi atti di illegalità. Preoccupati sempre di poter aggirare le leggi sulla assistenza pubblica. Scafati, nel fingere di essere poveri , mentre lavorano quasi tutti in nero. In modo tale – razza di mascalzoni ! – da guadagnare in nero da 200 sino a 500 euro al mese. Che, per “razziale” vocazione criminale, vorrebbero cumulare, fraudolentemente, ai famosi 780 euro del RdC. “Furbetti”, sicuri del fatto che gli altri meridionali (pur funzionari inps, o dei caf, o poliziotti e magistrati, etc) non denunceranno mai i loro torbidi conterranei.
Perciò, chi ricorrerà di più in Italia “al reddito di cittadinanza” ? Si chiedono nei talk in TV questi farisei, facce di tolla senza alcuna vergogna. E, poco dopo , si rispondono ammiccanti tra di loro : al solito, Siciliani, Campani e Calabresi. Le regioni economicamente – si sa (?!) – parassite dell’intera Italia. In due battute, allusivamente ripetute mille volte al giorno, buttate lì con nonchalance, si falsifica la realtà e la Storia d’Italia. Con luoghi comuni e concetti non veritieri. Luridi, ma efficaci. Per cui “l’arte di arrangiarsi ” meridionale, strumento indispensabile per poter sopravvivere in realtà che sono state volute artatamente sottosviluppate, è diventata parente di un maligno reato. Poco importa se le strutture statuali al Sud non brillano per garantire una equa legalità. Se il singolo voto elettorale può essere comprato per venti euro. Se il lavoro è trattato come un favore. Se le Mafie sono state “tollerate” ed istituzionalizzate per oltre un secolo, inquinando vite e territori. Tutto ciò diventa, tout-court, nelle parole di queste facce da tolla, la constatazione che le popolazioni meridionali sono, purtroppo, per lo più, dedite all’inciviltà ed all’illegalità. Per colpa loro naturalmente. Non lo dicono, ma l’uso delle parole, le circonlocuzioni o le espressioni dei loro volti lo fanno capire.
Cancellando, così, in un pugno di secondi, la realtà censita e accertata dei 5 milioni e mezzo di italiani poveri, purtroppo in maggioranza al Sud, che attualmente puzzano di fame. Italiani con un reddito disponibile inferiore troppo spesso ai 9600 euro annui. Omettendo che ci sono almeno altrettanti milioni di italiani (stavolta equamente suddivisi tra il Nord ed il Sud) che, legalmente inquadrati, possono guadagnare stipendi mensili dai cinquecento agli 800 euro netti; (roba da scialacquare ed aprire conti cifrati in Svizzera !) . Per spiegare questo fenomeno, nuovo nella storia della Repubblica italiana dal 1996 in poi, l’unica definizione trovata è stata quella, in lingua inglese, di “worker poors”. Gente che vive da poveri , nonostante abbiano un lavoro. Una condizione che negli ultimi 25 anni sta ormai rasentando un vero e proprio diffuso status di servitù di tipo medioevale. Frutto della montante e disumanizzante follia neoliberista, che postula una costante competizione al ribasso dei salari. Esattamente come, del resto, operava il commendator Valletta alla Fiat nei primi anni 50, prima del biennio delle lotte popolari 1968-1969, che poco dopo portò alla grande conquista civile dei diritti contrattuali e legali dello “Statuto dei Lavoratori”. Che ci fu copiato poi pure dalla Francia e dalla Svezia.
Ma, ormai, è luogo comune discorsivo e accettato, che i lavoratori dipendenti rappresentano sempre di più “una insopportabile voce di costo” nei bilanci aziendali. Del resto, il sistema monetario e finanziario dell’Euro a cambio fisso, consente come unico strumento di eventuale ( e progressivo) riequilibrio economico solo “la svalutazione dei salari” .
Cosicché , la nuova intellighentia dei giovani meridionali , quelli che hanno studiato o sono possessori di un merito, se vuole vivere decentemente e non sopravvivere (da cronici depressi con più “lavoretti”) , “deve” emigrare al Nord-Italia o all’estero. Come le più recenti statistiche certificano.
Nel mentre la Lega ed il PD – ohibò che coincidenza d’intenti e di tempi – pongono con forza la riforma che postula la concessione di una “Autonomia larga” alla Lombardia , al Veneto e – udite udite – alla notoriamente vessata Emilia Romagna.
Che dire ? Come si dice a Palermo : “a posto siamo” !
Egr. Dott. Panzica, il suo articolo è degno di un trattato che dovrebbe essere inserito nella Carta dei Diritti dell’Uomo!!! Davvero complimenti!!!
Se ha tempo, però, veda anche di pubblicare storie su vicende un pò più nostrane, come quelle, ad esempio, pubblicate al tempo di “siciliainformazioni”, in cui Lei rendeva a conoscenza di tanti, con gloriosa obiettività, uno spaccato sulla vita della del Comune di Palermo e, in particolar modo, delle sue aziende partecipate (vedi AMIA).
Con il solo auspicio che quelle storie, raccontate anche con un tagliente piglio cristallino, non Le abbiano causato chissà quali conseguenze, specie per il Suo pregiatissimo lavoro, La richiamiamo nuovamente a riportare tra noi, già ringraziandoLa per il Suo contributo, l’Informazione!!!
Complimenti. E’ sempre un piacere leggerla. I suoi articoli sono pieni di contenuti e danno spunti di riflessione profondi e diversi. Grazie.