Mini-Tav e maxi-balle . Come stanno le cose : dati e carte alla mano.
Malgrado gli sforzi quotidiani dei giornaloni per complicarla (altro che riapertura dei casini), la questione del Tav è di una evidenza solare. Siccome i 5Stelle non lo vogliono e la Lega lo vuole, ma il Contratto di governo prevede di “ridiscuterlo integralmente”, i casi sono soltanto due: o non si fa, come sarebbe ragionevole, e si risparmiano un sacco di miliardi; oppure si fa, buttando una caterva di soldi pubblici, e allora il M5S, per non perdere un’altra volta la faccia, deve far cadere il governo. Tertium non datur.
Purtroppo per Salvini, i suoi Sì al Tav sono solo chiacchiere (la sua costante), mentre i No sono scritti in tutti e tre i documenti ufficiali prodotti sul tema dal governo di cui lui stesso fa parte: il Contratto, l’identica mozione parlamentare approvata da tutta la maggioranza, l’analisi costi-benefici di Ponti&C. Mediazioni o compromessi con analisi costi-benefici “alternative” o progetti alternativi di “mini-Tav” non esistono in natura, ma solo nella fertile fantasia di Salvini e dei giornaloni.
Questi magliari, appena fu resa pubblica l’analisi governativa affidata ai professori Ponti&C., cominciarono a sparare cifre a cazzo citando una fantomatica “contro-analisi” di tal Coppola, il sesto professore che non aveva redatto né firmato quella di Ponti &C., poi però si scoprì che erano sei paginette senza lo straccio di un dato.
Allora i pro Tav si inventarono il “mini-Tav”, detto anche “Tav light” o “Tav low cost”: un fantomatico “nuovo progetto” che farebbe risparmiare 1,7 miliardi. In realtà quello è né più né meno che l’attuale progetto, che risale a otto anni fa e che già si erano venduti una volta per convincere i veri esperti che l’opera inutile e dannosa conviene un sacco. La chiamarono “fasizzazione” e spiegarono che facendo solo il mega-buco di 57,5 km nelle Alpi e i nuovi tratti di ferrovia per collegarlo ai vecchi binari di Susa e Bussoleno, il costo dell’opera che prima era di 15-20 miliardi sarebbe sceso a “soli” 8,6 (quelli del tunnel): praticamente regalata. Restava da capire come i previsti 140 treni merci al giorno sarebbero arrivati al buco. E soprattutto perché mai buttare 8,6 miliardi anziché 15 o 20 per un’opera inutile. Ma, siccome le analisi costi-benefici all’epoca non andavano di moda (governavano i “competenti”, no?), nessuno pose gli imbarazzanti quesiti. Una cosa comunque da allora fu certa: il Tav diventava “mini”, “light”, “low cost” e, senza il nuovo tratto ferroviario, costava la metà. E tutti se la bevvero. Ora gli stessi si ribevono un taglio che c’è già stato e viene rivenduto per la seconda volta agli stessi boccaloni. Che ci ricascano.
Una scena da Totòtruffa , quando Totò vende la fontana di Trevi a Decio Cavallo e poi finge di rivenderla a Girolamo Scamorza. Il nuovo taglio – udite udite – che ci farà risparmiare “altri” 1,7 miliardi eliminerebbe la nuova tratta di collegamento fra Avigliana e Orbassano. Già, ma – come ha spiegato più volte sul Fatto Giorgio Meletti – l’Avigliana-Orbassano era già stata “fasizzata” nel 2011, cioè rinviata al 2030 e condizionata al boom del traffico merci (che non è mai esistito né mai esisterà). Quindi gli immaginari 1,7 miliardi di risparmio erano già stati risparmiati – sempre sulla carta, cioè per finta – 8 anni fa. E ora raddoppiano: 3,4 miliardi, signore, mi voglio rovinare! Ieri poi, non bastando più la consueta balla quotidiana, i giornaloni ne hanno sparate due: Conte avrebbe pronti il nuovo “mini-Tav” e la “nuova analisi costi-benefici” che, diversamente da quella di un mese fa sulla perdita di 7-8 miliardi, annuncerebbe guadagni favolosi.
In prima linea c’è La Stampa, già house organ della Fiat e ora pure della Lega. Negli ultimi giorni si era specializzata nel virgolettare frasi mai dette dai 5Stelle: “Di Maio: ‘Io leader per altri nove anni’” (sulla conferenza stampa in cui Di Maio diceva che sarà capo politico per altri 4 anni); “Il veto di Grillo e Di Battista: ‘Se dice sì (al Tav, ndr), sfiduciamo Di Maio’” (mai detto da nessuno dei due). Ora virgoletta frasi mai pronunciate da Conte, di cui nella pagina accanto pubblica un’intervista che dice tutt’altro: “Se (la nuova analisi) ci spingerà a una rivalutazione del progetto, siamo pronti a rivedere le nostre posizioni” (il premier non l’ha mai detto e ieri l’ha ribadito in una smentita). Corriere: “Mossa di Conte sulla Tav. Lavora al compromesso: sì all’opera, ma ridotta. Pressing su Di Maio”. Repubblica: “Il governo prepara la mini-Tav. Nuova analisi per ridurre i costi” (come se i costi si riducessero cambiando il pallottoliere e non rinunciando alle opere inutili), “La nuova relazione dimezza gli svantaggi”. Messaggero: “Conte riduce l’opera”. Ora, la “nuova” analisi costi-benefici altro non è che quella vecchia al netto dei costi per Francia e Ue, cioè solo su quelli per l’Italia. Ed è, se possibile, ancor più negativa: se l’analisi complessiva, su 9,6 miliardi di spesa, calcola 7-8 miliardi di perdita economica, quella “italiana” comporta perdite per 3,5 miliardi su 2,9 miliardi di spesa (perderemmo addirittura più di quanto spenderemmo). Ma nulla è impossibile ai giornaloni. La Stampa: “Ecco la nuova costi-benefici sulla Tav. Considerando le maxi-penali, il saldo dell’opera diventa positivo”. Peccato che le penali (“1,7 miliardi” più “4,7” di altre spese immaginarie) non esistano, né maxi né mini: i contratti d’appalto e i trattati con Ue e Francia non solo non prevedono, ma escludono sia penali sia fondi da restituire (l’Ue finanzia le opere finite: se non si fanno, non arrivano i fondi, punto).
La verità vera è che il grosso della spesa non è per i binari di collegamento, ma per il buco (8,6 miliardi a preventivo). Però si potrebbe “fasizzare” anche quello, scavandone solo metà e mandando i treni a sbattere contro la roccia.