Berlusconi dice sì ad Obama, scordando il “dramma segreto” del nostro “vascello fantasma”. Ve lo sveliamo, in esclusiva
A Milano, nel dialetto lombardo, esiste il termine “pistola”. Ovvero, uno che la spara grossa, avendo di suo la tendenza a parlare a vanvera, talvolta al solo scopo di compiacere il proprio interlocutore del momento. Conclusa la missione di Berlusconi a Washington, al ministro degli Interni Roberto Maroni, in privato, sarà venuta “in punta di lingua”, senza dirla, l’invettiva “pistola”.
Ma che è successo? Perché Maroni, addirittura, è giunto a fare un comunicato stampa ufficiale, in disaccordo con la decisione di Berlusconi di “ospitare” in Italia tre (o anche sei?) quadri operativi seguaci di Bin Laden, provenienti dalla chiusura della prigione di Guantanamo?
Pare che anche i Capi degli stati maggiori della Difesa militare italiana abbiano sbuffato alla notizia che Berlusconi volesse “ospitare” dei seguaci di Bin Laden. Un importante Generale, addirittura, parrebbe, sia esploso urlando stizzoso “ma come si è potuto scordare del nostro vascello fantasma!”
Ohibò !! Ma che diavolo è “il vascello fantasma”?
Un amico melomane mi spiega che si tratta di un opera scritta da Richard Wagner, che racconta la leggenda del capitano Vanderdecker, condannato a dover navigare per sempre, senza mai poter prendere terra in un approdo.
Spieghiamo meglio che per la Marina Militare italiana, invece, il “vascello fantasma” ormai sarebbe la fregata Maestrale. Moderno naviglio di guerra, un gioiello tecnologico che imbarca 220 uomini di equipaggio e due elicotteri di combattimento AB 212, più un distaccamento segreto di marines della San Marco. Comandante della nave è il Capitano di Fregata Angelo Virdis. La nave era partita il 2 Aprile da Taranto, per partecipare all’operazione di polizia internazionale contro i pirati somali, che operano tra il Mar Rosso e l’Oceano Indiano, al fine di tutelare la rotta marittima commerciale est-ovest che costeggia appunto il Corno d’Africa – tra lo Yemen e la Somalia – dove passano i cargo diretti dall’Oriente in Europa, per attraversare poi il canale di Suez.
Cosa è successo alla Maestrale ?
La “sfortuna” si è abbattuta sulla Maestrale alle ore 8 di venerdì 22 maggio 2009, quando la nave italiana ha raccolto un “SOS arrivano i pirati”, della “Maria K” (mercantile liberiano). Un elicottero italiano, con a bordo una squadra di “navy seals” tricolori, si è abbattuto su un barchino armato dei pirati somali, neutralizzandoli prima, e catturandone nove poi.
Gli applausi internazionali, per la capace e fulminea azione di guerra dei nostri militari, si sono sprecati. Ma giunti i prigionieri a bordo della Maestrale, è scoppiato un vero dramma shakespeariano: “E ora di questi che ne facciamo?”
Per la legge internazionale le opzioni giuridiche, ammissibili, sono solo due: o qualche paese dell’area (lo Yemen o Gibuti) si sarebbe accollato il processo penale ai nove pirati, o giocoforza, toccherà all’Italia processarli, visto che ad arrestarli sono stati dei “poliziotti” italiani e la Maestrale è territorio italiano. Trattandosi di “pirati/soldati”, comunque riconducibili ad una banda alleata di Bin Laden, i paesi viciniori non ne hanno voluto sapere. Allora, anticipando la futuribile riforma della Giustizia del modernissimo Alfano, è partita l’istruttoria della giustizia italiana: per videoconferenza da Roma. Così il Gip, Riccardo Amoroso, accogliendo le richieste dei pm Giancarlo Amato e Pietro Saviotti, ha disposto che i nove arrestati restino provvisoriamente in custodia cautelare sulla nave Maestrale. Ai pirati detenuti è stato, inoltre, attribuito un avvocato di ufficio, l’avvocato Francesca Baldassarra, che dopo aver parlato (!?) via satellite con i suoi difesi, ha rilasciato la seguente dichiarazione: “I nove somali si sono dimostrati sereni, tranquilli e soddisfatti del trattamento che hanno ricevuto a bordo. Sono sicura che il fatto alla fine si ridimensionerà“.
I pirati, dal canto loro, raccontano di essere pescatori disoccupati, costretti dai seguaci di Bin Laden a fare i pirati in mare, per evitare ritorsioni feroci contro le loro famiglie.
Ma la vicenda “monta” come la panna, in termini sempre più surreali; oltre l’immaginabile. Da Roma sono piombati sulla Maestrale due esperti della polizia penitenziaria, inviati per apprestare tre celle dignitose, dotate di comfort e tappeti per la preghiera islamica, con l’ordine di “curare” personalmente la buona qualità della vita dei nove detenuti.
I servizi segreti italiani hanno ricevuto un preciso avviso dagli uomini di Bin Laden: trattate bene i nostri prigionieri e non vi azzardate a portarli in Italia, altrimenti ve la faremo pagare, cara e salata, prendendo noi, in ostaggio, 90 italiani; e state certi che ne sgozzeremmo uno al giorno.
Siccome da quelle parti del Corno d’Africa di civili italiani ce ne sono più di 90, e questi di Bin Laden semplicemente lì “sono lo Stato”, il Governo italiano ha preso una decisione all’Italiana: l’operazione “vascello fantasma” l’hanno ribattezzata, con sarcasmo, al ministero degli Interni. Ossia tenersi i detenuti, ma non fare tornare più in Italia la Maestrale. Che, invece, sarebbe dovuta tornare a Taranto tra il 7 e l’8 giugno. Anzi, uno della Croce Rossa somala (!?), riuscito a salire sulla nave italiana, è scoppiato a ridere vedendo come se la passano bene i nove detenuti, che hanno pure due ore d’aria con tanto di sdraio e drink tropicali, e per pranzo e cena un ricco menù dietetico, sotto lo sguardo allibito dei nostri guerrieri di militari super addestrati ed armati, a guardia dei prigionieri. A volte, pure, al loro servizio, servendo drink tropicali e manicaretti succulenti.
Adesso avete capito l’ira di Maroni, dei nostri servizi segreti e delle alte gerarchie militari! Che risponde al seguente ragionamento: se ci “sentiamo sottoscopa” per 9 straccioni di pirati africani, al servizio di un misconosciuto corrispondente somalo (in franchising) di Bin Laden, come faremo a sopportare (e supportare) la prigionia in Italia di tre (o sei) terroristi ufficiali, eroici quadri politici di Bin Laden – peraltro arabi ed islamici di razza pura – caratterizzati, ancor peggio, dalle “stimmate” di martiri provenienti da Guantanamo?
Capite perché è partita, dal Ministero degli Interni e dalle gerarchie militari italiane, l’invettiva dialettale di “pistola”, quando Berlusconi ha prontamente accettato da Obama – ansioso di poter raccontare in Italia di avere fatto un favore da amico al presidente “abbronzato” – ciò che sinora aveva accettato concretamente di fare solo il grande e potente stato occidentale e caraibico di Bermuda! Capite, forse ancor di più, il disagio dei nostri marinai della Maestrale, che da 26 giorni “si annacano”, senza prospettiva di approdo, un carico (politico) praticamente peggio della nitroglicerina.
Per non parlare, poi, delle nuove regole d’ingaggio accettate per i nostri militari in Afghanistan: debbono cominciare a combattere sul serio, non più difendendosi, ma andando in aperte battaglie, a cercare i talebani nei loro covi. In sostanza, imbarcandosi in una guerra che negli ultimi 150 non è riuscita né agli inglesi né ai russi, che come è noto di guerre non ne hanno mai masticato tanto. Ecco perché il termine “pistola” ci potrebbe stare. Ecco perché non ci resta che confidare nella altissima protezione della straordinaria Santa Rosalia. Come diceva il maestro Salvo Licata, “lei sì, che non delude mai!”.