“L’occhio umano non vede solo in due casi: quando è completamente al buio o quando c’è troppa luce”. Intervista al filosofo Paolo Ercolani : “Siamo a livello di Pinocchio, abbiamo barattato la nostra capacità di “pensiero critico” con la compagnia h24 di uno smartphone”.

Nel libroFigli di un io minore” (editrice Marsilio Editori), il filosofo e professore Paolo Ercolani spiega come siamo passati dalla “società aperta” alla “società ottusa” divisi tra new-age, finti sovranisti, complottisti ad minchiam e leoni da tastiera: “Viviamo nel Paese dei balocchi, solo che siamo diventati noi i burattini”

Se state leggendo questa intervista da uno smartphone anche voi fate parte della “società ottusa“. Probabilmente avete un’opinione granitica sui vaccini, gli intellettuali, i migranti, l’Unione europea e il governo gialloverde. E dopo aver letto questo articolo non cambierete idea. Perché secondo Paolo Ercolani, professore di filosofia all’Università di Urbino Carlo Bo, abbiamo perso il nostro spirito critico e la capacità di confrontarci con gli altri. Lo ha spiegato in “Figli di un Io minore” (Marsilio Editori) in libreria dal 7 marzo. «Senza rendercene conto siamo passati dalla società aperta alla società ottusa». Ma ci ha promesso di farci capire come uscirne.

Ercolani, chi è l’uomo che vive nella società ottusa di oggi?

L’uomo ottuso è colui che in maniera più o meno consapevole ha sacrificato la propria libertà di pensiero a dei poteri chiedendo in cambio protezione e salvezza. Come ha fatto in passato per la religione. Questi poteri dettano l’agenda esistenziale, sociale e politica in cambio di maggiore divertimento, intrattenimento, distrazione. Ma soprattutto l’illusione che tutti possano diventare ricchi e benestanti, quando in realtà viviamo nell’epoca in cui la disuguaglianza sociale ha ricominciato a crescere in maniera mai vista prima fino a ora.

Quali sono questi poteri forti?

La Finanza e la Rete. Sono un po’ come il Gatto e la Volpe immaginati da Carlo Collodi. Convincono Pinocchio a vivere nel Paese dei balocchi, dove ci si diverte sempre. E noi ci siamo lasciati convincere come lui. Un po’ per comodità un po’ per paura e un po’ perché non conosciamo alternative ci siamo abbandonati in questo mondo dei balocchi convinti che tutto sia più facile e più divertente. Dove non c’è bisogno di studiare o di approfondire, tanto c’è la Rete, tanto ci sarà sempre un’app che ci risolve la vita. Pinocchio pagava la sua scelta diventando un asino. Mentre noi siamo burattini che hanno rinunciato alla Ragione per vivere in una società  “misologa”.

Spieghiamo questa parolaccia.

L’hanno usata anche Platone e Pier Paolo Pasolini. La società misologa è quella in cui si odia tutto ciò che è pensiero, riflessione, conoscenza, e dialogo ragionato. Tralasciamo le disavventure di Pinocchio con Mangiafuoco e la balena. Alla fine il burattino ritorna a casa da suo papà e torna bambino. Chi è il nostro Geppetto?  Potremmo dire con una parola la scuola, ma in generale la cultura e il sapere che seguono tre stelle comete: la lentezza, la profondità, e la selezione. Per conoscere in profondità qualcosa bisogna leggere lentamente un testo scritto, altrimenti non rimane nulla. Ma deve essere un sapere selezionato. Un libro va da pagina uno a pagina 336 come il mio perché cerca, almeno nelle intenzioni dell’autore, di selezionare una serie di saperi, metterli in maniera tale che possano dare dei messaggi al lettore. La Rete funziona all’opposto. Le sue tre stelle comete sono: velocità, superficialità e opulenza informativa. Siamo informati su tutto ma non conosciamo effettivamente nulla perché lo facciamo in modo superficiale. Con una semplice ricerca si aprono milioni di pagine e questa l’opulenza informativa porta con sé un problema: l’indigenza conoscitiva.

Tradotto?

Ve lo spiego con la metafora di Platone: lui diceva che l’occhio umano non vede solo in due casi: quando è completamente al buio o quando c’è troppa luce. Una volta il potere rabbuiava il popolo con la censura per mantenere il suo dominio. Oggi non ha bisogno di censurare perché la troppa informazione produce tutto e il contrario di tutto. Non dà la possibilità agli individui di distinguere ciò che è vero da ciò che falso

Quando siamo entrati nell’era della società ottusa?

Nel 1974, quando l’economista Friedrich von Hayek ha vinto il Nobel per l’economia mortificando il valore della Ragione. Secondo la sua teoria la società migliore è quella governata da un ordine spontaneo guidato dal mercato in grado di autoregolarsi. Qualsiasi intromissione della ragione umana o della politica produce solo disastri. Si basava sul pensiero di Nietzsche secondo cui il mondo umano è governato dal Fato e a differenza del Dio cristiano non ama l’uomo ma semplicemente stabilisce delle leggi.

Ci dica almeno due leggi.

La competizione continua e la volontà di sottomettere tutto ciò che è più debole. Questo scontro produce delle vittime. Il dominio dei pochi, più forti, sui tanti più deboli è giusto nella società ottusa, perché il mondo umano è composto da pochi ben riusciti e da moltissimi mal riusciti. Come l’intelligenza artificiale con macchine che però pensano in maniera più efficiente, complessa e veloce, rispetto a quanto è in grado di fare l’uomo. La totale sottomissione all’ottuso è dietro l’angolo.

Nel nostro immaginario però gli ottusi, o meglio i “non aperti” di oggi sono quelli che imprecano contro la sottomissione al pensiero unico

E invece proprio loro sono il prodotto più sofisticato del pensiero unico. Il trionfo della società ottusa è di aver trasferito tutto ciò che è potenzialmente diffidente o rivoluzionario in Rete. Lì, nello scontro dei social si disinnesca e annacqua qualsiasi forma di dissenso o cambiamento radicale. C’è gente che va a dormire convinta di essere la reincarnazione di Che Guevara perché magari ha condiviso una sua foto con il sigaro o una frase rivoluzionaria. Magari chi ci legge ha buttato l’immondizia per strada in maniera selvaggia fino a l’altro ieri ma è convinta di aver contribuito alla salvezza del pianeta solo perché ha condiviso il video della piccola Greta. È il paradosso di Diego Fusaro.

Eppure Diego Fusaro si considera il difensore del popolo contro i turbocapitalisti?

Premetto che siamo amici, ma anche lui sa che condivido ben poco di quello che dice. Fusaro sostiene che il pensiero dissidente viene oscurato e ostacolato dal potere dominante. Ma se lui si ritiene un esponente di punta del pensiero dissidente come mai è tutte le settimane in televisione? Dove sta questa censura del potere turbo capitalistico? Fusaro è un filosofo, dovrebbe conoscere il principio di non contraddizione. La verità è che il pensiero dissidente è diventato una macchietta da esibire nei talk show della società ottusa. Non solo è innocua ma permette al potere dominante di dire che è talmente democratico da permettere a chiunque di criticarlo.

Fusaro non è l’unico a criticare gli intellettuali, soprattutto se di sinistra. Perché l’uomo ottuso odia tanto questa figura?

Perché gli intellettuali hanno smesso di essere tali e si sono piegati al potere dominante. Ormai sono solo di due tipi: quelli un po’ più brillanti che diventano delle star da talk show, sempre gli stessi che promettono di fare la rivoluzione giusto prima che finisca la pubblicità. Poi ci sono gli intellettuali ingrigiti, chiusi nelle università. Studiano tutta la vita un solo autore e non escono mai dalla loro torre d’avorio. Sono un po’ come il Socrate descritto da Aristofane nelle Nuvole: non si preoccupano della società e di condividere il loro sapere. E così senza lo scambio di idee lasciano l’ottuso nella sua condizione terribile. Ormai non siamo più uomini a una dimensione come diceva Herbert Marcuse.

Sul Web se cerco 11 settembre trovo di tutto: dalla versione ufficiale alle teorie complottiste. Molti dicono che è democratico proprio perché c’è tutto a differenza dei giornali e dei mass media mainstream, presunto strumento dei poteri forti. E invece è proprio questa anarchia dell’informazione a impedire a chi la frequenta di farsi un’idea completa. Perché l’homo obtusus cerca in Rete conferme ai propri pregiudizi e li trova.

E cosa siamo diventati?

In realtà siamo diventati degli uomini senza dimensione. L’essere umano dovrebbe essere il fine di ogni agire sociale, ma oggi è stato ridotto a strumento per scopi e valori del profitto e del progresso tecnologico. Un ingranaggio. Marcuse ha spiegato bene e prima di altri la razionalità del sistema mediatico e della Rete, che in realtà è irrazionale.

In molti leggendo questa intervista si chiederanno se sono anche loro ottusi.

Ma guardi lo siamo tutti, anche io e lei. Siamo immersi in questo meccanismo perché la tecnologia è diventata così pervasiva, da essere diventata indispensabile. È l’unico tramite tra noi e l’esperienza della nostra vita. La gente passa più tempo a immortalare la propria vita su Instagram o Facebook e non si preoccupa di come vive quella reale. Mi manca la sala d’attesa del dentista.

Perché?

Perché prima degli smartphone potevamo goderci i tempi morti che in realtà erano vivissimi. Aspettando il dentista ci si annoiava e si rifletteva su qualsiasi cosa: sulla vita o su come stavano andando le cose. Ora in sala d’attesa sto chinato sullo smartphone e magari mi faccio gli affari altrui guardando le stories o i post pubblicati da altri. Un po’ come diceva Pascal: “L’uomo per combattere il terrore e l’angoscia della propria condizione mortale ha deciso di non pensarci”. Lo facciamo anche noi, mettendoci in posa per gli altri in questa grande giostra.

Come facciamo a uscire dalla giostra?

A livello filosofico dobbiamo chiudere i conti con quella sbornia che è stato il postmodernismo e il pensiero debole. L’uomo deve recuperare la fiducia nella propria ragione. Non è depositaria della verità, è fallibile, però la Ragione dell’uomo è in grado di incidere sulla realtà, di vederne i difetti e di modificarla. Una volta recuperato il pensiero forte bisogna ristabilire il primato della “Res publica” sulla “res privata”, della politica sull’economia

Facciamo un esempio concreto.

La ricerca sanitaria è finanziata per il 90 per cento da fondi pubblici e si traduce in medicinali salvavita che però per il loro alto prezzo escludono l’85% della popolazione mondiale che non se le può permettere. E sono soldi delle nostre tasse. Siamo tutti bravi a parlare di liberismo ma chi ha salvato le banche americane e inglesi troppo grandi per fallire dopo la crisi del 2008? I soldi pubblici. In questa società si privatizzano i guadagni e socializza la miseria.

Sembra però un discorso da teorico dei poteri forti.

Macché, i poteri sono ben visibili. Il problema è che sono impregnati di ideologia neoliberista quando in realtà basterebbe andare a guardare la storia per capire che quando ha trionfato l’idea liberista, cioè quella dell’ordine spontaneo del mercato, abbiamo avuto minimo due guerre mondiali. Pensare che il mercato autoregolamentato produrrà delle società libere e felici significa essere seduti su un errore scientifico. Ma per mettere in discussione i principi di questa società ottusa servono almeno tre tipi di educazione.

Elenchiamole.

Educazione politica, educazione civica ed educazione ecologica da fare nelle scuole o agli adulti nelle scuole serali.. Non possiamo più permetterci di vivere in un Paese in cui non sappiamo la differenza tra il presidente della Repubblica il presidente del Consiglio o quali sono i tre poteri dello Stato. Stiamo pagando un prezzo enorme per 20 anni di tv trash e reality show alla Grande Fratello. C’è stato uno scadimento della qualità del discorso pubblico. Per poter votare ed essere votati servirebbe la patente per evitare di fare incidenti. E poi dobbiamo spiegare ai ragazzi perché l’ecosistema sta vivendo determinati problemi. Non può dircelo solo una bambina svedese di quindici anni. Dobbiamo saperlo noi per primi. Ma noi non sappiamo più quasi nulla, perché siamo figli di un Io minore.

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