Il flop del golpe di Guaidò in Venezuela.“Colpo di stato non riuscito e nessun bagno di sangue. Fallito il tentativo di dare un pretesto agli USA per intervenire militarmente a fini umanitari”. Gli Stati europei che avevano riconosciuto Guaidò (tranne l’Italia) fanno “malafigura” e non hanno più che dire. Tranne Matteo Salvini ed Antonio Tajani che perdono l’occasione per stare zitti. La vera posta internazionale nella crisi venezuelana è la strategia geopolitica dell’Arabia Saudita avallata da Trump per far aumentare il prezzo del barile di petrolio. Non si capisce perché la Casa Bianca di “first America” voglia favorire il caro-benzina che sarà un disastro per l’Economia degli alleati dei Paesi UE.
Una premessa. Ci occupiamo del Venezuela in questo Blog, con tanta insistenza, per due ordini di motivi : 1) perché il mondo non può sopravvivere in pace, nel prossimo futuro, senza il rispetto condiviso dei principi del Diritto internazionale di “non ingerenza nei paesi sovrani” fissati dall’ONU; 2) perché “la partita sul prezzo del petrolio” giocata con arroganza dall’Arabia Saudita e dagli altri Paesi dell’area OPEC sta influenzando in modo determinante la politica estera di Trump, creando un nesso diretto tra ciò che accade nel Mediterraneo (Libia, Nord Africa, e Medio Oriente) e ciò che sta accadendo nel lontano Venezuela , titolare della più grande riserva petrolifera del futuro.
Ciò detto, quali conseguenze lascia sul teatro geopolitico internazionale la tentata insurrezione militare del 30 Aprile “dell’autonominato Presidente” Juan Guaidò?
Si è trattato del fallimento di un ennesimo tentativo di colpo di stato anti-chavista in Venezuela. E non poteva essere altrimenti. Nell’impellenza della Casa Bianca di dover espellere con certezza il petrolio venezuelano dal mercato internazionale, per propiziare l’aumento del costo del barile. Un fatto politico dannoso per le economie mondiale, ed anzitutto per quelle della Cina e d’Europa, ma pare tanto necessario nella strategia imperiale trumpiana che è giunta a giocare la carta di una “irreale” insurrezione finale contro Maduro. Gli Americani – sbagliando clamorosamente – hanno dato per scontata sia la previsione di una rivolta del popolo venezuelano contro il loro attuale governo “chavista”, che il sollevamento delle forze armate venezuelane contro Maduro. Invece, è’ stato un fiasco clamoroso e ridicolo. Un’avventura da cartoni animati. La fine certa della possibilità per il Dipartimento di Stato USA e per Donald Trump di poter più continuare ad utilizzare in futuro “il loro pedone” Guaidò.
Cerchiamo di capire cosa è successo .
Diamo la precedenza ai numeri reali. Una insurrezione ( in una nazione di 30 milioni di abitanti) fondata su 200 militari, 4 ufficiali, 1 generale, 3 autoblindo, 3mila manifestanti in piazza solo a Caracas ed un paio di centinaia in un altro capoluogo regionale, non può avere alcuna ipotesi di successo. Come non l’ha avuta.
E’ stato un disastro sul “piano politico” la mossa voluta dagli USA – ed attuata “dall’obbediente fratello Guaidò”- di drammatizzare, oltremodo, la vicenda venezuelana , per almeno tre ragioni :
- La più grave per Guaidò, è stata l’evidente presa di distanza verso questa “svolta muscolare armata” da parte del cartello dei (trenta) partiti di opposizione a Maduro (a cominciare dal gruppo di centrosinistra moderato Concertación para el Cambio) – che normalmente potendo contare su un 40% dell’elettorato venezuelano, è in grado di mandare in piazza a Caracas almeno 80/100mila persone. E invece, stavolta, non si è mosso nessun oppositore del cartello, nessuna mobilitazione di massa. Solo due partitini hanno appoggiato il tentato golpe : quello di destra “Primero Justicia” e quello di estrema destra “Voluntad popular”(che però si autodichiara socialdemocratico e MISTERIOSAMENTE RISULTA ADERENTE ALL’INTERNAZIONALE SOCIALISTA) il cui leader è il machista pluripregiudicato Leopoldo Lopez. Non è un caso che nessun altro partito anti-Maduro ha sostenuto ( né con parole né con mobilitazioni di piazza) in alcun modo il tentativo di Golpe, perché sono tutti ormai convinti che l’unica soluzione possibile alla crisi venezuelana sia quella di raggiungere un accordo, una mediazione politica con Maduro. Questa tesi, fortemente sponsorizzata dal Messico e dalla Spagna, utilizza come mediatore l’ex premier spagnolo Zapatero. Per non tacere, che il resto dell’opposizione politica venezuelana non ha gradito per nulla l’evidente e gratuita ferocia USA di questi ultimi mesi – che oltre al duro embargo che ha sparato nel mucchio a danno di tutti i venezuelani – con i suoi recenti attacchi informatici, indiscriminati, alla rete elettrica del Venezuela, ha comportato sofferenze indicibili a tutti i cittadini. I 27 giorni di incredibile e procurato black-out elettrico hanno danneggiato tutti ed hanno bloccato tutto. Hanno fatto stragi e provocato gratuiti disagi, inenarrabili , tra la popolazione civile di ogni età e stato sociale che viene assistita dal sistema sanitario venezuelano pubblico voluto e costruito dal defunto Chavez. Il più ampio, e radicato territorialmente, dell’America Latina dopo quello di Cuba.
- Il Governo spagnolo del socialista Sanchez – che pure si era fatto attivo promotore presso la UE del discutibile riconoscimento diplomatico della maggioranza dei Paesi europei dell’autoproclamato Presidente Guaidò – ha condannato con una dichiarazione scritta il tentativo golpista : “Deve essere chiaro che la Spagna non sostiene e non può sostenere alcun colpo di stato militare. Noi siamo a favore solo di una soluzione politica della crisi”. Probabilmente , questa frenata spagnola, fa notare il sociologo Pino Arlacchi (ex vicesegretario generale dell’ONU) ha un nesso logico con la situazione della Catalogna, per la quale i leader indipendentisti che avevano organizzato solo un pubblico e non-violento referendum secessionista, sono finiti in galera ( e ci sono ancora) senza mai aver dato corso o promosso nessun movimento o atto violento.
- E’ rimasta solo la Colombia, del Presidente Ivan Duque, l’unico Paese dell’America Latina che dichiara di voler continuare a seguire a tutti i costi la linea oltranzista e guerrafondaia di Trump contro Maduro. Dal suo assordante silenzio, pare di capire, che invece il capitano Bolsonaro (il Brasile) si stia provando a sfilare da questa avventura trumpiana. Un passo indietro, insomma, del dispiegamento del numero di alleati latino-americani “disposti a tutto”pur di sostenere la strategia imperiale USA. Una “guerra di popolo” in Venezuela rimetterebbe in discussione tutti gli equilibri politici che le destre hanno faticosamente ristabilito a loro favore in Sud America (Brasile, Argentina, Cile, Perù, etc) negli ultimi due anni. Mentre si sono dichiarati contrari al tentato golpe di Guaidò : Messico, Uruguay, Bolivia, Nicaragua.
Insomma, il Venezuela sta dimostrando di non essere esattamente una ”repubblica delle banane” dove poter organizzare un golpe vincente in men che non si dica. Due mesi fa il fuoco golpista acceso da Guaidó minacciava di diventare un incendio in tempi brevi, sia per la drammatica crisi economica (inflazione biblica, carenza di cibo e medicinali) e sociale (milioni di cittadini in fuga e/o emigrati) sia per la minaccia di un massiccio intervento militare degli Usa e dei loro vassalli latinoamericani. Ma il governo Maduro è sopravvissuto ai primi tre tentativi golpisti : a) l’auto proclamazione di Guaidó; b) la crisi e minaccia di intervento montati attorno agli «aiuti umanitari» bloccati e incendiati al confine con la Colombia; c) i 27 giorni di devastante black-out H24 che ha lasciato a buio il Venezuela, bloccando metropolitana, aeroporti, treni, ospedali, l’uso dell’aria condizionata, frigoriferi, computer, telefoni , e quant’altro.
In questi ultimi tre mesi, Trump e la sua Amministrazione di falchi hanno messo in campo tutta l’artiglieria pesante delle sanzioni senza però riuscire ad abbattere Maduro.
Il governo bolivariano, infatti, con tutti i suoi limiti economici (e con un leader sgarrupato come Maduro che non ha affatto l’autorevolezza e la statura politica di Chavez) sta dimostrando, concretamente, di continuare a godere, comunque, dell’appoggio di più della metà della popolazione (quella delle province e delle grandi masse di diseredati che prima di Chavez puzzavano di fame, non avevano alcun diritto sociale, e gli era vietato pensare al futuro) che teme di tornare allo status quo sociale prima di Chavez (la rivoluzione bolivariana),. Quando, la maggioranza dei venezuelani erano costretti a vivere senza alcun diritto sociale, senza alcuna assistenza sanitaria pubblica e gratuita, senza un sistema di istruzione nazionale pubblico e gratuito (sino all’università), senza alcuna certezza in una pensione, senza poter rivendicare il diritto ad una casa popolare, in uno stato diffuso e senza prospettive di perenne bisogno e precarietà.
Ai fini pratici, Maduro ha registrato ancora una volta il sostegno compatto delle Forze Armate : sia ai suoi vertici (un solo generale traditore su 198) che alla sua base tra le truppe ( la defezione di poco meno di 200 uomini su 340mila militari in organico) che, invece, sono parte integrante del sistema istituzionale del governo socialista (ad ogni livello ed in ogni settore) il cd “governo bolivariano”, esattamente sul “modello cubano”. Un ennesima – e crediamo definitiva prova – che è fallita, pertanto, la campagna acquisti USA lanciata già da mesi tra gli ufficiali venezuelani di ogni ordine e grado.
E’ forse il caso di spiegare, allora, quale sia la consistenza dell’apparato militare venezuelano. La cosiddetta Armada Bolivariana (e le sue specialità di difesa terrestre, marittima ed aerea) è composta da 210mila coscritti di leva (ma ben retribuiti, motivati socialmente e ben addestrati militarmente) più 60mila militari professionisti. A cui va sommata Guardia Nacional Bolivariana un corpo di polizia militare (tipo i nostri carabinieri) di 70mila unità presente in tutti gli stati regionali del Venezuela ed anch’essa dotata di varie specialità e di armamento pesante. A questo solido apparato militare va poi aggiunta la Milicia Nacional Bolivariana che vanta 400mila unità (che adesso Maduro vorrebbe portare sino all’organico di 700mila) , una organizzazione popolare di sicurezza territoriale, dotate di armamento leggero (kalashnikov , motociclette, mitragliatrici, giubbotti antiproiettili, armi anticarro) , composta da comuni cittadini in servizio part-time (retribuito) che hanno già espletato il servizio di leva militare e da volontari bolivariani d’ogni età. Capillarmente presente in tutti i comuni venezuelani. Una organizzazione copiata un po’ dal modello dei “riservisti della Svizzera” e un po’ da quello della “milizia popolare territoriale permanente cubana”, in piena attività (di massa) sino all’inizio degli anni 90. Che può svolgere attività di supporto : alle esigenze d’ordine pubblico o in caso di calamità naturali, come nel caso di una invasione straniera è in grado di organizzare azioni di difesa/guerriglia territoriale.
Completa il “quadro militare” su cui può contare il governo bolivariano la D.G.I.M., l’intelligence venezuelana , rifondata nel 2007 da Chavez con l’aiuto dei cubani (il più attrezzato ed esperto servizio segreto dell’America Latina), ed implementata dal mese scorso (con l’ausilio dei sofisticati servizi informatici Russi) con una nuova “Divisione di sicurezza informatica” dopo gli attacchi Hackers subiti dal sistema della “Rete elettrica venezuelana” che avevano provocato ben 27 tragici giorni di black-out. A tutto ciò va aggiunta la chicca di una intera brigata di un avanzato sistema missili-antimissili S300 che i russi hanno venduto a Maduro, a prezzo scontato, a fine Gennaio ed impiantato a tempo di record già a Caracas a fine marzo scorso (in base al “Trattato di reciproca cooperazione militare di difesa” vigente già da tanti anni), che rende oltremodo difficile ogni ipotetico attacco missilistico straniero alla capitale del Venezuela. Inutile aggiungere, che nel “pacchetto di vendita” i russi hanno pure incluso una squadra di loro tecnici esperti e “l’assistenza H24” degli “occhi” della rete permanente del sistema dei satelliti russi che controllano ora dopo ora ogni movimento nei cieli del mondo , esattamente come fanno pure da tempo l’alleanza Anglo-Americana, la Cina e lo stato di Israele.
Ma come procedono nel frattempo le condizioni di vita del popolo venezuelano ?
Certamente in modo difficile. Tre anni di durissime sanzioni economiche USA, mai autorizzate dall’ONU (ma a cui troppi paesi si sono piegati criminalmente nel collaborare), hanno messo all’angolo la qualità e la serenità della vita in Venezuela. L’embargo dei medicinali e dei dispositivi medici, aggravato da fine marzo scorso dai black-out provocati da attacchi hackers americani, ha fatto stragi negli ospedali : disabili , emodializzati, malati di Aids, bambini assistiti nelle incubatrici, malati di diabete o affetti da disturbi cardiaci o circolatori, pazienti in stato di rianimazione, etc. Ma il quadro peggiora se si pensa all’embargo anche per le derrate alimentari ed i pezzi di ricambio per i mezzi di trasporto a quelli per ogni tipo di utensile industriale. Oltre, ovviamente, l’aver ridotto di almeno del 75% la capacità di vendita del petrolio venezuelano nel mondo : chi compra un barile di Caracas, rischia ritorsioni di ogni tipo dagli USA. Per cui quel poco di petrolio che si vende, si continuare a vendere ad un prezzo sempre più basso, e con costi di trasporto ben maggiori. Un disastro se si pensa che il petrolio ( pur a basso regime di estrazione ed a prezzi attuali) può coprire il fabbisogno di almeno l’80% dell’intera economia venezuelana, oltre ad essere la maggiore riserva naturale di questa materia prima nel mondo.
Quindi, di certo c’è che le sanzioni continuano a strangolare la già collassata economia del Venezuela. E sono limitati gli effetti pur benefici del crescente appoggio di Russia, Cina, Iran, Turchia, e dell’amica Cuba, che stanno aiutando Maduro a trovare per il futuro nuovi sbocchi economici e mercati alternativi. Ma il problema principe per l’economia venezuelana rimane il Bloqueo (l’embargo) , aggravato dall’avere confini in comune con due paesi ostili filo-Trump : la Colombia ed il Brasile.
Gli Stati Uniti di fronte allo stesso fallimento del golpe di Guaidò sono riusciti ad esprimere posizioni ufficiali estremamente sconcertanti . Per bocca dell’Ammiraglio Graig Faller, capo del Comando Sud (x l’America Latina) delle forze armate USA, “ha fissato entro la fine dell’anno” l’intervento militare americano, ovviamente “per difendere la democrazia ed i diritti umani in Venezuela (ovviamente) da un Dittatore antidemocratico e sanguinario”. Dichiarazione che fa il paio con il “ ci sono tutte le opzioni sul tavolo” del Dipartimento di Stato di Mike Pompeo e la minaccia (!?) di “ancor più dure sanzioni per Cuba” espressa a caldo dallo stesso Trump, che ha denunciato la presenza di 25mila militari cubani a Caracas (circostanza parzialmente veritiera, ma si tratta consiglieri militari lì presenti da oltre dieci anni e soprattutto nella consistenza di uno zero in meno).
Appare chiaro che l’insensato golpe di Guaidò sopravvissuto a se stesso appena 9 ore (dalle 03.30 alle 12.30 del 30 Aprile 2019) aveva l’obiettivo di provocare nel maldestro Maduro una reazione sproporzionata, che gli americani speravano “ protratta e sanguinosa”, tale da giustificare e sollecitare un intervento militare per il ripristino de il Diritto e la Democrazia, secondo la sciagurata teoria USA (il pretesto) delle “guerre umanitarie”. Invece, va dato atto a Maduro di avere agito con attenta determinazione . Il bilancio del golpe parla di 1 morto e 95 feriti, e nel calcolo ufficiale Maduro pare abbia nascosto i suoi militari e poliziotti morti (anche alla base aerea di “La Carlota” ad est di Caracas) perché in alcuni casi i golpisti hanno sparato sul serio . Le truppe governative, invece, si sono limitate a liberare la base aerea limitandosi a mostrare , ad un certo punto, una superiorità palesemente schiacciante, quindi foriera di una strage a cui i golpisti si sono sottratti arrendendosi in un lampo. Lo stesso, quando la polizia ha affrontato i tremila guaidisti in piazza : proiettili di gomma, “finte” dei loro piccoli blindati, uso massiccio di lagrimogeni e cannoni d’acqua, proprio perché era prioritario evitare la morte di uno solo dei “guarimbas” (le comitive dei bulli in moto dei quartieri alti come i nostri “pariolini” romani, e “sanbabilini” milanesi, degli anni 70), o degli omologhi di Caracas delle gang di periferia come quelle di Rio de Janeiro o simil -tipo dei casseurs delle borgate di Parigi . Che hanno partecipato alla mini-protesta pro-Guaidò (più o meno a pagamento), ma che sono scappati per tempo, appena si sono resi conto che il golpe era fallito. Al contrario, davanti al Palazzo presidenziale di Miraflores , per tutta la giornata golpista ( e sino a notte fonda) la piazza è stata presidiata da trentamila popolani militanti chavisti di ogni età.
E’, però, un dato di fatto inoppugnabile che i bolivariani sono riusciti a circoscrivere il golpe senza provocare il pericoloso bagno di sangue che gli USA auspicavano per poter avere la scusa di intervenire.
La maggioranza dei partiti del cartello politico delle opposizioni venezuelane a Maduro, nella tarda serata del 30 aprile ha definito il tentato golpe di Guaidò una “buffonata”. Non solo perché lo è stata oggettivamente, ma perché è apparso chiaro come i due partitini, eccitati dal sostegno della Casa Bianca, hanno pensato che, comunque fossero andate le cose, l’occasione era propizia per prendere il sopravvento su tutte le altre forze politiche nello schieramento dell’opposizione a Maduro.
Nel frattempo, la corsa del golpista Guaidò è approdata all’Ambasciata del Cile, quella del pluripregiudicato Leopoldo Lopez ( il filofascista che si dichiara socialdemocratico) è giunta all’ambasciata di Spagna, mentre i primi autentici 25 militari rivoltatisi contro Maduro ed mostrati nei video al fianco di Guaidò si sono rifugiati nell’ambasciata del Brasile.
Il bilancio diplomatico USA, che ha continuato a rivendicare l’appoggio al golpe di Guaidò, è andato peggio di ogni cattiva ipotesi possibile . Infatti, a favore di questo flop si sono espressi solo : la Colombia, Almargo il segretario generale OSA, l’Arabia Saudita, il Presidente del parlamento UE il monarchico Antonio Tajani ed il Ministro degli Interni Italiano Matteo Salvini. Uno scenario quantomeno sconcertante. Con il fallimento di questo golpe da operetta si è ridicolizzato l’incauto e frettoloso riconoscimento diplomatico a Guaidò scelto dalla maggior parte degli stati europei (stavolta tranne l’Italia, che ne ha azzeccata una). Per cui, purtroppo, ancora una volta , la credibilità internazionale dei paesi UE risulterà, adesso, persino più ridimensionata.
Ma tutto ciò, pone a tutti, una questione di fondo : come mai gli Stati Uniti, superpotenza Guida delle democrazie occidentali, leader della NATO, hanno potuto sbagliare così macroscopicamente nel valutare una situazione venezuelana, la cui realtà era, ed è , così evidente sotto gli occhi di tutti ?
Quale logica politica sta perseguendo l’Amministrazione Trump quando sugli scenari geopolitici internazionali, accende o sfriculia “oltremodo” scenari di crisi pericolosi ? Come è già successo in Siria, in Libia, in IRAN. O quando Bolton o Trump hanno maltrattato pubblicamente, anche a colpi di twitter, storici alleati come l’Italia, la Germania, e persino l’eterno amico inglese (sul tema del G5 Huwai).
Come è possibile che gli USA fingano di ignorare l’esistenza del trattato di cooperazione militare tra Venezuela e la Russia ? E la presenza ufficiale dei militari russi a Caracas ? La telefonata di ieri del Ministro degli esteri russo Lavrov a Pompeo non ha lasciato alcun dubbio sul fatto che una qualche ingerenza USA in Venezuela, sarebbe giudicata da Putin un atto apertamente ostile contro la Russia.
Come il Dipartimento di Stato può ignorare l’altra notizia (altrettanto) di pubblico dominio che nella Sanità venezuelana , al posto dei tanti medici europei o latino-americani che si sono licenziati dall’inizio della crisi di gennaio, ci sono medici e farmacisti cinesi (dipendenti pubblici del loro paese) ?
Insomma, sorge spontanea la domanda esiste ancora un “Dipartimento di Stato” , una diplomazia americana che decide autonomamente e responsabilmente la politica estera USA ? O per la Casa Bianca risulta, oggi, prioritaria soprattutto la tutela degli interessi dell’Arabia Saudita e dei suoi sodali dell’OPEC ?
Che senso ha che lo Stato Maggiore americano faccia filtrare il boatos che in Colombia la CIA stia allestendo una base dove allocare un mini esercito di 3/5mila mercenari della nota Agenzia privata “black-water” (ora si chiama Academi), per dare continuità e corposità militare operativa alla causa politica di Guaidò ? La notizia è una ultima ora della Reuters , che riferisce che da ben 4 fonti autorevoli ha trovato conferma che solo nelle ultime 24 ore un gruppo di milionari trumpiani della destra americana hanno già raccolto 40 milioni di dollari in donazioni per finanziare la discesa in campo in Venezuela dei mercenari americani, che sempre più spesso ( (Afganistan, Iraq, Siria, Libia) negli ultimi anni hanno fatto le veci informali dei militari USA.
Ma come è possibile che gli americani – culturalmente – non si possano rendere conto della differenza che passa tra organizzare e poi fare un blitz militare estemporaneo, e invece pensare di fare una guerra di lunga durata per rendere sottomesso un popolo straniero a casa sua ? Possibile che ragionino come se fossero sempre, a prescindere, ingabbiati in una logica da film western alla “ombre Rosse” con le modalità irreali di un videogioco ?
Le domande che ci poniamo, e vi poniamo, non sono oziose – tantomeno per noi italiani visto il caso Libia in corso – e dovranno pretendere al più presto risposte chiarificatrici, per evitare che tutto l’Occidente (con purtroppo la povera Europa in prima fila ) vada a sbattere, rovinosamente, con la faccia al muro.