Storia di un imbroglio legale: l’aumento dell’acqua a Palermo e il no di Nunzio Moschetti
Che succede se il voto unanime di un Consiglio comunale di una città di 700 mila abitanti viene contraddetto in toto dal funzionario delegato a rappresentarlo? Nulla. Almeno al Comune di Palermo “nell’ottavo anno di grazia dell’Era Cammarata”. Se poi, l’accaduto è funzionale ai destini economici di una azienda privata concessionaria dell’acqua a Palermo e provincia, la cosa appare, quasi dovuta, dall’insieme della classe politica cittadina. Bisogna comprendere, poveretti, l’angoscioso “dramma” quotidiano che vivono, di non sapere come poter “sistemare” i loro clientes, in trepidante attesa speranzosa di essere assunti, prima o poi, da qualche parte.
E poco importa se i cittadini pagheranno l’acqua 0.17 centesimi a metrocubo in più. Anche, perché i palermitani che non leggono Repubblica o Siciliainformazioni.com, non lo possono sapere. Sono tranquilli, avendo letto sul principale quotidiano del mattino che l’aumento è solo di 0,02 centesimi. Ovviamente, ne siamo sicuri, si tratta solo di una svista del titolista di turno.
Insomma, secondo il santo “credo liberista” che ci ha “meravigliosamente” cambiato la vita negli ultimi 17 anni: che importanza ha se dei privati fanno commercio speculativo di un bene che dovrebbe essere di esclusiva proprietà pubblica? Del resto tutto ciò è assolutamente legale, perché è previsto da una legge (quella sugli ATO acqua); è consolidato da una regolare gara pubblica d’appalto; è regolamentato da un previsto “contratto di servizio”, per di più votato a maggioranza dall’assemblea provinciale dell’ATO, da ben 41 sindaci (compreso l’azionista di maggioranza Palermo) su 82, con solo 12 voti contrari ed un astenuto.
Notizia più puntuale delle cronache pubblicate sulle testate giornalistiche (compresa la nostra), fornita trionfalmente da Giovanni Avanti, Presidente della Provincia. Che in una lettera/rettifica inviata alla redazione di Repubblica, oltre a correggere i numeri dei votanti in assemblea, l’esponente UDC esprimeva il suo compiacimento per il fatto che, il voto in questione, aveva, così, chiuso un annoso e costoso contenzioso. “Elegantemente”, tentando di scaricare su un noto professionista palermitano, reo di avere solo fatto il lavoro, un problema creato ad hoc da una classe politica insipiente e poco sensibili, sia ai diritti che agli interessi dei cittadini.
Ma torniamo all’aumento dell’acqua a Palermo e Provincia, deciso dieci giorni fa dall’assemblea degli 82 sindaci dell’ATO acqua, nonostante il voto contrario ed unanime del Consiglio comunale del capoluogo (peraltro azionista di maggioranza relativa in base ai millesimali di legge). Insomma la vicenda del dirigente Antonino Mercurio, che mandato in rappresentanza del Comune di Palermo, ha votato per i fatti suoi in modo difforme al mandato consiliare.
Ebbene, in Municipio se ne erano scordati quasi tutti. “Cose che capitano”, era stato il commento della stragrande maggioranza dei “navigati politici” comunali. Il Sindaco aveva liquidato la questione, appena con una smorfia di fastidio. Già, perché per lui, adesso, la questione principe all’odg della politica palermitana è il raddoppio dell’addizionale comunale IRPEF.
Ma, così, non la pensa Nunzio Moschetti consigliere comunale del PDL (già ex FI, e ancora prima ex PSDI). Un esponente politico “anomalo” per i nostri tempi. Lui non si vede affatto come un rais arabo che può fare tutto quello che vuole senza dover rendere conto ad alcuno, ma invece si considera un signore eletto su mandato dei cittadini. Per cui gli pare normale tutelare i loro interessi, punto e basta. E senza amnesie.
In più, venendo da una dignitosa tradizione familiare socialista, non può accettare che un voto unanime del Consiglio comunale venga considerato zero. Così, lui Presidente della terza commissione consiliare, che aveva studiato per settimane la richiesta d’aumento dell’acqua, era giunto alla conclusione che la pretesa non avesse fondamento. E, coerentemente, questo aveva riferito in Consiglio, strappando un voto unanime di consenso alla sua tesi. Aveva ragionato Moschetti: se l’APS (Acque potabili siciliane, il concessionario privato delle acque per la provincia palermitana) vuole un aumento di tariffa ci deve mettere nero su bianco quali investimenti per migliorare il servizio vuole fare. Come, quando, ed in quanto tempo. In più, aveva concluso, le legittime aspirazioni di utili dell’APS non possono nuocere allo stato di salute dell’AMAP, raro e valido esempio di azienda comunale non in deficit.
Ed allora Moschetti ha preso carta e penna ed ha scritto, in modo formale, al Presidente del Consiglio comunale, Alberto Campagna, chiedendo che l’illegittimo aumento dell’acqua divenga oggetto di un dibattito consiliare, perché questo prevede la legge e il logico rispetto dei diritti dei cittadini. Campagna, di fronte ad una eccezione formale, non ha potuto fare a meno di proporre per martedì una intera seduta del Consiglio dedicata “al caso” aumento dell’acqua ed al comportamento irrituale del dirigente Antonino Mercurio.
Vi chiederete, nel frattempo, ma che c’entra l’AMAP? Certo che c’entra. Vi chiediamo un attimo di attenzione e ve lo spieghiamo in dettaglio.
Quando si cominciò a parlare di “privatizzazione” della gestione dell’acqua, il Comune di Palermo – storicamente da sempre angosciato dal problema acqua – pensò, legittimamente, di “mettere in sicurezza” il destino e la funzione autonoma dell’AMAP, stipulando con essa una convenzione di servizio valida sino al 2021. I problemi vennero dopo che l’APS vinse la gara d’appalto per la titolarità della gestione dell’acqua in tutta la Provincia. Allora, meritoriamente, intervenne Cuffaro, che riuscì a far accettare la convivenza tra le due aziende, convincendo pure l’APS a sottoscrivere un accordo in base al quale avrebbe comprato l’acqua già potabilizzata dall’AMAP pagandola a 0,61 centesimi al metro cubo. Un prezzo sicuramente ancora, perfettamente, remunerativo per i conti dell’AMAP.
Invece dieci giorni fa, nell’ambito dell’accordo votato dalla maggioranza dell’assemblea dei sindaci di tutta la provincia, oltre all’aumento di 0,17 centesimi al consumatore finale, l’APS ha strappato – sempre legalmente e in modo consenziente – che da oggi in poi l’AMAP venderà acqua potabilizzata all’APS a 0.24 centesimi invece di 0.61. Un regalo al profitto dei privati di 0.37 centesimi metro cubo. Che sommato, su Palermo città, all’aumento della tariffa di 0.17 configura un legittimo maggiore introito ai privati all’incirca di 300 milioni di euro all’anno, in parte a spese dei cittadini, in gran parte a spese dell’AMAP. I cui conti, oggi sani, sulla base di questo nuovo regime, però potrebbero rischiare di saltare nel giro di tre anni. Una denuncia che già tre consiglieri comunali di tre partiti differenti Antonella Monastra (“Un’altra storia”) , Totò Orlando (PD) e Giovanni Greco (PDL area Micciché) avevano già sollevato, in modo veemente, dieci giorni fa. Ma che, adesso, con l’iniziativa di Nunzio Moschetti trova il suo naturale sbocco in una seduta del Consiglio comunale di Palermo.
Come finirà? Aspettiamo l’esito del dibattito in Consiglio. Anche se è ragionevole chiedersi: il dirigente comunale Antonino Mercurio – venuto meno nell’assemblea provinciale dell’ATO acqua all’indicazione che gli veniva da un voto unanime del Consiglio comunale di Palermo – è un pazzo autolesionista, in cerca di un provvedimento disciplinare a danno di se stesso e della sua carriera, o qualche suo superiore ( politico o burocratico) gli ha “suggerito” il suo strano comportamento ?
E ancora, come mai ben quarantuno sindaci della provincia hanno votato un aumento di tariffa dell’acqua in modo apparentemente difforme dagli interessi dei loro cittadini, senza neanche ottenere una contropartita pubblica, nero su bianco, di un programma di investimenti ben individuati, scadenzati e circostanziati nei tempi di esecuzione?
Insomma, questi eletti dal voto popolare in Sicilia, a chi ed a cosa rispondono?