“Franza o Spagna, purché se magna!”. In politica torna di moda la voglia seicentesca e coloniale di brigare a favore del Re di Francia. Mentre inglesi e tedeschi lavorano alacremente perché l’Italia arrivi al “default economico” e si rompa in tre pezzi. Vi proponiamo un sunto di geopolitica della nostra situazione interna dopo le elezioni europee. Il declino dell’ipocrita Pd viene nascosto sotto il tappeto, come fosse della polvere. Il dramma umano di Salvini terrorizzato e in fuga dalla classe dirigente nord-leghista che lo vuole politicamente morto. Berlusconi che spera di fare un “governo di tutti” quale ultima “mandrakata” della sua carriera politica. I Cinque stelle che, more solito, non si sono resi conto di cosa sta succedendo attorno a loro, riflettono pensosi, votano sulla piattaforma Rosseau, e non si capisce cosa cazzo aspettano.

Miracolo ! Chi non ha fede è legittimato a non crederci. Così, ci tocca parlare dei ridicoli peana e dei falò di carta stampata e Tv riguardo alla presunta resurrezione del Pd dopo le elezioni europee. Che pare proprio uno di quei miracoli fasulli, di cui abbondano le cronache di Radio Maria.  L’abitudine a considerare i risultati elettorali esclusivamente in percentuale, rappresentando cioè solo la relazione tra le forze, ma non la loro consistenza in assoluto. Ha un senso riguardo alla governabilità, ma dal punto squisitamente politico può creare miraggi e false immagini. Specie, quando una vasta area di cittadini si astiene. Ora, andando a vedere i numeri assoluti vediamo che alle elezioni politiche del marzo 2018, il Pd ha preso 6.161.896 voti, cui si devono aggiungere quelli della lista + Europa, ovvero 841.468 mentre in queste europee ne ha conquistati 6 089 853 e + Europa 833 443. Perciò, assistiamo a un calo reale e complessivo di oltre 120 mila voti. Benché, l’anno scorso ci sia stata un’affluenza alle urne decisamente superiore : del 72% contro il 56% del 26 maggio 2019. Dunque altro che resurrezioni, per rimanere al modesto livello del 2018, tenendo conto dell’astensione, il Pd avrebbe dovuto raccogliere, procedendo ad un omogeneo calcolo matematico, almeno 7.185.000  voti.

Si può obiettare che il confronto non tiene conto che si tratta di appuntamenti elettorali diversi e che, prima, bisogna andare a vedere le precedenti europee del 2014.  Bene, in quell’anno il Pd prese 11.203.231 suffragi, quasi il doppio rispetto ad oggi e a fronte di un’affluenza praticamente identica, superiore solo di un punto percentuale.

Quindi, per il Pd, andiamo al ritmo della perdita di circa un milione di consensi ogni anno, un ritmo che anche queste europee confermano. In termini assoluti vediamo che i Cinque stelle sono stati affondati principalmente dall’astensione, ma anche che le tre forze principali, Lega, Pd e M5s hanno il consenso rispettivamente del 19%, 12% e 9,5% per cento del corpo elettorale complessivo, cioè di meno della metà degli italiani maggiorenni. Può suonare banale, ma significa che esiste un gigantesco serbatoio di voti non espressi, che sono come una mina vagante, o se vogliamo la parte subliminale del corpo sociale dove si addensano “i cambiamenti”. In quell’anfratto vive “un motore politico”, che regola la volontà del voto ben oltre l’efficacia della costante propaganda e l’autoreferenzialità della politica politicante. Come se ne è avuta prova in occasione del referendum costituzionale, nel quale hanno largamente vinto il fronte dei contrari alla Riforma renziana, che stando allo schieramento parlamentare iniziale avrebbero potuto raccogliere appena il 30 per cento.

Adesso questo misterioso “motore politico”, che vive al limite del subliminale, ha colpito i Cinque stelle. Una circostanza che può solo inquietare “il dopo” della straordinaria “performance” di tenuta di Salvini, che ad oggi sembra furoreggiare.  Ormai in Italia i vincitori di una elezione li decide un popolo errante di forze e pulsioni sotterranee, che si spostano, per lo più carsicamente, chiedendo perentoriamente una tangibile interlocuzione per il “cambiamento” che, però, non riescono a trovare stabilmente. Per il Capo della Lega si tratta di un passaggio estremamente scomodo. Perché le europee hanno confermato il complessivo consenso elettorale alla maggioranza di governo, ma hanno spostato il testimone di comando da Di Maio a Salvini. Che ormai è circondato da amici ufficiali  ( Lega, Berlusconi, Meloni) e nemici per caso (Pd e compagnia cantante). Tutti gli chiedono una sola cosa : fai cadere il governo. L’ultima cosa che Salvini vorrebbe mai fare nella vita. Cosciente che la caduta del “giallo-verde”, precederebbe di poco la sua “morte-politica”.

Perché la caduta del governo Conte sarebbe comunque la sconfitta politica personale di Salvini, di un disegno reso possibile ed elaborato, sottoscritto, alimentato, gestito, che sul versante leghista ha gestito in solitudine. Condizione per la quale  Giorgetti (che da sempre controlla la Lega : dall’ascesa elettorale anni’90 di Bossi, che poi ha abbattuto per dare spazio a Maroni, anch’esso cancellato a favore della consegna del bastone di comando al  giovane “furbo” Salvini che non si pensava così abile e poco malleabile), con i dioscuri Maroni e Zaia , troverebbe l’occasione propizia per esautorarlo  con la scusa che non è stato capace di concedere “l’autonomia regionale differenziata” alla regioni del Nord-Italia. Avendo fallito l’applicazione del punto programmatico-principe di cui Salvini aveva ricevuto il mandato originario della fu Lega-Nord.

Una vicenda risaputa. Su cui, però, media ed opposizioni tacciono omertosamente o peggio mistificando. Alla classe dirigente leghista, il “deep-state della ex lega Nord”, del 34% raccolto da Salvini alle europee non frega nulla. Perché loro sono quelli che (senza grandi fatiche e soverchi rischi) comandano negli enti locali, dove da circa 30 anni fanno affari e appalti, gestiscono con la “sussidiarietà” le ricche poste sanitarie di asl ed asp, disprezzano i “terroni” meridionali (però solo quelli che vivono al Sud) con tutto il loro animo. Sono gli stessi giri di nord-leghisti di sempre, che scontano un alto tasso di integrazione consolidata con “i sistemi locali e regionali” di Forza Italia, ex udc, ex PDL, ex An, etc (comunque targhettati in passato) ed altri comunità meridionali che vivono ed operano al Nord.

Tutti, solidamente, sodali tra loro. Tanto quanto il “rapporto blindato”(da lunga pezza) che esiste tra Giorgetti ed il Berlusca. E tutti gli amici ed i referenti, nord-regionali, nazionali ed internazionali dell’ex cavaliere. Che di sti tempi risulta, “obtorto collo”, meno filorusso ed, invece, all’antica, molto ameriKano. Berlusconi che con Salvini ha più che un dente avvelenato. Al punto che si spinge ad immaginare, addirittura, di poter trovare un modo per mettere su “una sorta di consorzio politico” di “nuovo” governo (comunque denominato) mediando tra il PD ( il vecchio e il nuovo), l’amico Giorgetti e il buon Mario Draghi, con pure tanto di benedizione dell’Amministrazione Trump. Bruciando sul tempo, tralaltro, i possibili e temibili crudeli piani per l’Italia a cui pensano gli inglesi ed i tedeschi ( per pulsioni ed esigenze diverse). Che in disaccordo su molto, sono però d’accordo tra loro su una cosa sola : l’Italia, a questo punto, la vogliono morta e suddivisa in tre staterelli di passo .  Nord filotedesco (Valle d’Aosta, Piemonte, Liguria, Lombardia, Veneto, Trentino, Friuli, Emilia Romagna); Centro (Marche, Toscana, Abruzzo, Umbria, Lazio, Molise), a gestione Pd- massonico-papalino; Sud  (Campania, Puglia, Calabria, Basilicata) e grandi Isole (Sicilia e Sardegna) spudoratamente consegnato, senza precondizioni, ai soliti ascari anglo-americani come nel periodo 1943-1949, con tutti i relativi annessi e connessi.

Intanto, il Pentagono, d’intesa con il Dipartimento di Stato, ha già elaborato una ipotesi di dismissione delle basi militari USA/Nato oggi allocate nel centro-Nord Italia, per convogliare tutto quel personale e quei mezzi al Sud e nelle isole.

Uno scenario geopolitico della politica interna italiana purtroppo realistico, che dà i brividi. Che potrebbe contare sul miope e miserabile OK di calcolo della Confindustria del Nord, sulla povertà politica ed umana della classe dirigente del PD. Che, di pari passo con il mondo editoriale del berlusconismo,  porterebbe in dote, tralaltro, la collaborazione canina di giornali e TV. Del resto, commentano sussiegosi nei loro scambi di opinione riservati questi statisti da sottoscala, la Cecoslovacchia si è divisa in due, 26 anni fa, senza grandi traumi (Repubblica Ceca e Repubblica di Slovacchia), perché non lo si può fare pure in italia?

Non chiedetevi cosa ne pensano di tutto ciò i cinque stelle. Non si sono ancora resi conto della complessità della situazione politica italiana dopo le europee. Sono terrorizzati dal calo elettorale e dalla spregiudicata campagna “di simpatia” che i berlusconiani stanno tessendo verso i deputati grillini di primissima nomina o in attesa della conclusione “del secondo mandato“. Ci vorrebbe un pensiero politico. Ma la soluzione è affidata ai geniali quadriunviri Buffagni-Dettori-Spadafora-Casalino, sotto l’egida pensosa e silente di Davide Casaleggio pensano, si occupano, e parlano, di cose più serie delle minchiate esposte in questo miserevole articolo. Perché a digiuno di politica applicano , inconsapevoli, il vecchio motto siculo : “ù fattu è unu, e ù riscursu è nactru” (=il fatto è uno, ma il discorso è un altro), tipico di chi si sente furbo , ma in realtà non si orienta. Così, Di Maio, i suoi ministri e sottosegretari, il suo staff, nel frattempo, sono pronti con le loro pagine di facebook già aperte per parlare in una diretta. Pazientemente, attendendo di sapere : “di cosa !? ”.  In tal modo, l’unico possibile (ed emergenziale) “argine” (i pentastellati) al virus esterofilo della subordinazione coloniale che pervade tutto il resto del sistema politico italiano, rischia di andare affanculo. Purtroppo, con tutti gli italiani al seguito.

 

 

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