L’Informazione italiano, carta stampata e TV, promuovendo giornalmente il fallimento dei conti pubblici nazionali, propaganda ora per ora”l’aumento dello spread”, che purtroppo è un parametro inventato. Cioè, non previsto da alcuna legge italiana o europea, nè da alcuna dottrina scientifica: semplicemente perché non esiste. Al contrario, la stampa tedesca tace sul sistema bancario della Germania ormai in pre-default (ossia prossimo al crollo). E’ evidente che, in termini di regole della Democrazia, in Italia c’è qualcosa che non funziona. Ma che a questo punto rischia di avvilirci la vita a tutti.
Ormai l’Informazione italiana si configura come la “vera emergenza della democrazia” nel nostro Paese. Per il suo unitario e quotidiano tentativo di nascondere la realtà, promuovendo invece in prima pagina frottole pericolose sul crollo prossimo venturo dell’economia italiana. Anzitutto, quella che preconizza, ossessivamente, l’imminente fallimento dei nostri conti pubblici. Con la stessa enfasi bugiarda , che utilizzano gli ultrà appartenenti al tifo organizzato di una grande squadra di calcio. In questo tipo di “narrazione” (però) dal palese (applicando la regola del cui prodest?) “accento anglosassone”, un ruolo fondamentale lo ricopre la “mannaia dello spread”. Cioè – vien spiegato da chi si ostina con coraggio a spiegare una cosa che non esiste, con l’ostentato sussiego di chi conosce a menadito la materia – l’indicatore finanziario ed economico frutto della differenza di rendimento tra i titoli del debito pubblico italiano e gli omologhi Bund tedeschi.
E’ un fatto certo, che questa tipologia di “spread” non è previsto né dal punto di vista scientifico, né dal punto di vista dottrinario, tantomeno in qualche legge o regolamento europeo. Ma soprattutto non si comprende :
1) perché bisogna rapportare tra loro due titoli di due paesi europei che adottano entrambi come moneta l’euro, generata dalla stessa BCE e gestita dalla sede di Francoforte;
2) perché rapportare i titoli italiani solo a quelli tedeschi mentre siamo dentro ad una realtà europea complessa dove girano decine di titoli sovrani a cominciare da quelli dei 28 paesi europei che interagiscono fra di loro. Un contesto nel quale, peraltro, i titoli considerati più sicuri, quelli tedeschi, sono anche quelli che offrono meno rendimento di interessi o addirittura offrono un interesse negativo (ma si racconta) “sicuro”. Altra affermazione apodittica storicamente falsa. Posto che l’unica nazione nel contesto europeo, che nella sua sequenza storica degli ultimi 150 anni ha sempre onorato (cioè pagato) i suoi “debiti nazionali” sino all’ultimo centesimo è l’Italia, che non ha mai usufruito di alcuna moratoria, come invece “storicamente” è successo per la Germania, l’Austria e la Francia. A riprova di ciò, abbiamo finito di pagare i principali capitoli dei debiti della seconda guerra mondiale( fissati dall’iniquo trattato di pace di Parigi del 1947) solo nel 2016.
3) come mai l’euro che è nato programmaticamente , politicamente e statutariamente, per proteggere le economie dei paesi aderenti e la loro stabilità monetaria, abbandoni alcune nazioni (in primis l’Italia) alla mercè della speculazione finanziaria privata (per lo più di origine angloamericana, e sino ad un paio d’anni fa pure tedesche e francesi), in un “mercato finanziario privato drogato” dove sono solo i “grandi investitori specializzati” – in condizione di palese e rinomato comparaggio con le società private e (per lo più) angloamericane di rating – dettano regole, tassi e condizioni, in direzione opposta agli obiettivi teoricamente fissati alla base della costruzione dell’Euro e del ruolo e funzione della BCE.
Una condizione, una situazione, oggi ancora più assurda. Posto che l’economia tedesca (2018/2019) è entrata in un grave stallo, con modalità e carenze molto peggiori dell’Italia, in base anche solo agli indici ufficiali di produzione dell’economia concreta. Ma soprattutto, considerando il sistema bancario (Deutsche Bank e Commerzal Bank) ridotto a groviera con “buchi” di “trilioni di euro” di “titoli derivati fasulli” (quindi soldi irrecuperabili perché già inesistenti al momento della loro fraudolenta emissione) , perciò ormai prossimo, concretamente, al default.
Argomento noto in tutto il mondo, ma al quale i giornali tedeschi dedicano poche, rare, e “continenti” righe di articoli. Mentre, sui giornali italiani e nei talk-show in Tv, il fallimento di fatto delle banche tedesche ed il prossimo probabile default della Germania è un argomento tabù. Non se ne parla quasi mai. Per cui la stragrande maggioranza degli italiani non ne è a conoscenza.
Come quasi nessuno è a conoscenza che le famose aste del debito pubblico italiano (quei benemeriti investitori finanziari esteri che ci debbono prestare i soldi acquistando i nostri titoli di stato) sono regolate da un regolamento nazionale basato su un criterio “unico” (nel senso di originale e diverso) fra tutti quelli degli omologhi paesi europei . Perché, è il solo che prevede l’asta con il criterio al rialzo dei tassi.
E questo non c’entra nulla con l’alto livello del debito pubblico italiano e neanche, stavolta, con i codificati vincoli ufficiali dell’Europa. Peggio, il nostro regolamento nazionale vigente ostacola la possibilità di vendere la maggioranza degli stocks dei nostri titoli di Stato ai singoli cittadini. E quando si rivolge ai piccoli risparmiatori italiani, offre un quinto o un decimo del tasso di interesse (quindi per nulla incentivando all’acquisto) che invece offre ai finanzieri stranieri, nelle aste periodiche, che verrebbe voglia di definirle, in siciliano, “appattate” ? Contrariamente a quanto accadeva sino a 25 anni fa con soddisfazione sia dei nostri padri, che delle Finanze pubbliche. Così, per di più, gli interessi dei BOT in regime di “prima Repubblica” diventavano, oggettivamente, pure volano di consumi ed investimenti privati nel mercato interno. Mentre a livello internazionale, il nostro debito pubblico non si trasformava (e non poteva diventare) un problema per l’Italia, perché le quote detenute all’estero erano irrisorie (poco più del dieci per cento). E quindi, allora, nessuna “entità” straniera (privata o pubblica) era materialmente in grado di “ricattarci” solo perché deteneva le nostre “cambiali di debito” (i nostri titoli pubblici) .
Così, si spiega come negli ultimi 25 anni di Seconda repubblica (1994-20199 a fronte di un debito pubblico che oggi naviga sui 2200 miliardi di euro, noi abbiamo già pagato/sborsato oltre 3mila miliardi di euro di interessi ( cioè mille miliardi di euro in più dell’ammontare della sorte del debito configurato oggi). Una roba che, a legislazione penale (italiana) vigente, se si fosse verificata tra privati sarebbero già scattate da tempo le inchieste giudiziarie e le manette . Con dei PM che (sospettando legittimamente cose terribili) avrebbero condotto in carcere interrogatori stringenti, ponendo ossessivamente una domanda : la possibile provvista di questi sovraprezzi fasulli e “procurati” sui titoli pubblici a chi è finita ? In Italia o all’estero? Si cercherebbe chi avrebbe commesso i reati di truffa, associazione a delinquere, ma soprattutto riciclaggio e ricettazione ? E quindi poi di autoriciclaggio ? Invece , non succede nulla. Si continua a straparlare di mercati . Ossia delle diciotto/trenta società specializzate (sempre le stesse), a cui ci si rivolge “in modo obbligato” (in base ad un semplice regolamento amministrativo aggiornato nel 2011) per l’acquisto di titoli di debito pubblico italiano, che non rinuncerebbero mai alle nostre aste riservate al rialzo, visto che garantiscono subito all’atto dell’acquisto guadagni stellari ed incomparabili, per il solo fatto di parteciparvi.
Stiamo parlando di uno Stato, l’Italia, che negli ultimi 18 anni ha chiuso i suoi bilanci per 15 volte in largo stato di avanzo primario. Cioè ha incassato in tasse e rendimenti, somme di denaro superiori a quanto ha speso . Alla faccia della cazzata pluripublicizzata secondo la quale gli italiani avrebbero vissuto sempre al di sopra delle loro possibilità.
Per oggi può bastare. Continueremo, però, presto, questo ragionamento veritiero, concreto ed elementare. Mettendovi a parte di notizie non note al grande pubblico e ponendo altre nuove domande, a cui sin’ora le autorità politiche continuano a far orecchie da mercante.