INTERVISTA A FEDERICO RAMPINI : UN RACCONTO CONTROCORRENTE DI COSA E’, E DI COSA DOVREBBE FARE, LA SINISTRA IN ITALIA. ”AIUTARE I MIGRANTI, ACCOGLIENDOLI IN MODO INDISCRIMINATO, È UN’IDEA FOLLE E DI DESTRA. GLI AFRICANI A BASSO COSTO FANNO COMODO AI PADRONCINI SCHIAVISTI. L’ORDOLIBERISMO TEDESCO CONDANNA L’EUROPA ALLA DEPRESSIONE. MACRON OPERA COME UN SOVRANISTA, IL SUO EUROPEISMO UN’IMPOSTURA. JUNCKER E’ UNA VERGOGNA. IL PERICOLO DEL RITORNO DEL FASCISMO IN CAMICIA NERA È UN VEZZO RETORICO DA INTELLETTUALI PIGRI. IL FEMMINISMO CHE DA SIMONE DE BEAUVOIR FINISCE AD ASIA ARGENTO? E’ UNA PERVERSIONE”

«Una volta la sinistra si affidava a Umberto Eco e Pier Paolo Pasolini: oggi l’ eroina della sinistra è Asia Argento. È una perversione che non posso accettare». Federico Rampini è diventato di destra? «No, anzi. Rivendico l’ appartenenza alla sinistra classica. Il fatto è che quando il popolo vota a destra, gli opinionisti di sinistra dicono che sta impazzendo, che si lascia incantare, che sta diventando fascista. Questo mi ricorda una battuta di un comunista doc come Bertolt Brecht: “Se il popolo non mi sostiene, cambiamo il popolo”».

Persino lui, di fronte alla deriva benpensante su spread, fascismi, immigrazione e femminismo, ha perso le staffe. Anzi, le bretelle. E pensare che, dalla capigliatura sparata alla erre morbida, fino alla montatura degli occhiali, Rampini già a prima vista parrebbe l’ incarnazione dell’ intellettuale radical chic. È significativo che sia proprio il corrispondente di Repubblica, una vita spesa a raccontare il mondo, da New York a Pechino, da San Francisco a Parigi, a incaricarsi di demolire pezzo per pezzo i luogocomunismi nostrani. Nel suo ultimo libro, La notte della sinistra (Mondadori), Rampini fa un ragionamento spietato: se la sinistra vuole guarire, occorre prima diagnosticarne le malattie croniche.

Perché i progressisti sono confinati nelle isole pedonali dei centri storici?

“La missione della sinistra è diventata quella di proteggere gli ultimi, cioè quelli che tentano di attraversare il Mediterraneo. Così facendo, abbiamo voltato le spalle ai “penultimi”, agli italiani, quelli che abitano nelle periferie.  Attirano meno solidarietà, e anzi ci sembrano un po’ volgari, un po’ cafoni, non particolarmente simpatici. È una forma di snobismo».

Oggi lo slogan non è più «Avanti popolo», ma «Occhio allo spread»?

«Dopo Bill Clinton e Tony Blair, siamo diventati liberisti. Ma non mi convince la sinistra che fa da cassa di risonanza delle agenzie di rating e delle banche d’ affari».

Se si consegna allo spread, la socialdemocrazia butta via la sua storia?

«Fino a qualche anno fa eravamo molto critici nei confronti dell’ establishment. Mi sono riletto un’ intervista di Pier Carlo Padoan: chiedeva meno sacrifici e più flessibilità. Ho seguito per otto anni Barack Obama: lui criticava severamente la logica dell’ austerity e di questo ordoliberismo germanico che condanna l’ Europa alla depressione».

Poi è arrivato l’ altro idolo progressista, Emmanuel Macron. Simpatizzare con lui pensa sia stato un errore?

«Macron è senza dubbio un sovranista puro. Un tipico nazionalista francese. Il suo europeismo è un’ impostura: lo si vede da come tratta l’ Italia sull’ immigrazione, a Ventimiglia, a Bardonecchia, o sul dossier Fiat-Renault.Se può prendere a ceffoni l’ Italia lui lo fa sempre volentieri».

Andare al traino di Jean Claude Juncker quando attacca il governo italiano significa svendere gli interessi nazionali?

«Juncker? Una delle più grandi vergogne d’ Europa. Abbiamo consentito di far nascere paradisi fiscali come il Lussemburgo nel cuore del continente. È paradossale che l’ Europa se lo sia scelto come capo della Commissione europea».

E dunque cosa dovrebbe fare il governo Conte di fronte a un richiamo europeo sul debito?

«Non drammatizzo la possibile procedura d’ infrazione. È un gioco delle parti, ma parti deboli. È debole – e isolata – l’ Italia. È debolissima l’ Europa. Mi piacerebbe vedere un’ Italia che lotta per un’ Unione diversa, per un ritorno alla crescita, con un progetto alternativo alle rigidità estreme del patto di stabilità».

Senza tagliare i ponti, dunque.

«All’ Italexit non ci crede più nessuno. Del resto la Brexit è stato uno spettacolo talmente angosciante che nessuno vuol più imboccare quella strada. Il disastro inglese a qualcosa è servito».

Tornando in Italia. A ogni campagna elettorale scatta l’ allarme fascismo e razzismo. Dopo le elezioni, chi ha suonato l’ allarme resta suonato nelle urne. Che spiegazione si dà?

«È il vezzo di una sinistra intellettualmente pigra, che non educa i giovani a studiare bene la storia. Non avendo idee forti da proporre, ci si rifugia in automatico nella vecchia retorica».

È un vizio che viene da lontano?

«Da quando avevo 20 anni si parla di ritorno del fascismo in Italia. Ti ricordi cos’ era l’ Italia degli anni Settanta? Le stragi, le bombe sui treni: eppure il fascismo non tornò, neanche allora. Oggi alcuni fascisti ci sono, e vanno condannati: ma non c’ è alcun rischio fascismo dietro l’ angolo. Chiediamoci piuttosto perché vaste parti del popolo italiano si spostano verso destra».

Avete lasciato alla destra il copyright sulla parola «Italia»?

«Prendi il Pci di Enrico Berlinguer. Aveva il 36% dei voti: record indiscusso. Ci definivamo un partito “nazionalpopolare”, e non c’ era nessun pudore a usare questo termine. Anzi, ne andavamo orgogliosi. Aveva ascendenze gramsciane».

Oggi invece si magnifica la futura Italia multietnica.

«Questa è una banalità. Siamo già multietnici. Ci sono tanti immigrati perfettamente integrati. Ma ciò non toglie che ogni Paese ha il diritto di stabilire le regole di accesso e di appartenenza alla propria comunità nazionale. Altrimenti emerge la sensazione di aver perso il controllo delle frontiere, e questo crea già di per sé un senso di insicurezza».

 Anche la parola «paura» è un termine tabù per la sinistra?

«I cittadini devono essere compresi e coinvolti: non possiamo dire agli italiani che è così e basta, che il futuro non dipende da loro. O peggio ancora, che l’ immigrazione è meravigliosa e non dobbiamo fare i razzisti».

Mi metto nei panni di Laura Boldrini: gli immigrati svolgono i lavori che gli italiani non vogliono più fare.

«Attenzione, perché nella storia sono sempre stati gli industriali, i ricchi, a volere frontiere aperte. Sia per gli scambi commerciali, sia per la manodopera a basso costo. Negli anni Cinquanta la sinistra meridionalista capì che l’ emigrazione verso il Nord Italia era anche un impoverimento del Sud. Oggi invece abbiamo quest’ idea di aiutarli, accogliendoli. È una follia: non è mai stata un’ idea di sinistra».

Frontiere aperte significa lavori da fame?

«Diciamo che se i padroncini schiavisti dell’ agricoltura campana fossero costretti a pagare dieci volte tanto per la raccolta dei pomodori, magari qualche studente napoletano di lettere e filosofia potrebbe accettare l’ offerta».

Mi metto nei panni di Tito Boeri: gli immigrati ci stanno pagando le pensioni.

«Sì, però quando poi invecchieranno, cominceranno a “consumare” pensioni, anziché finanziarle. Sul lungo periodo, non basterà l’ attuale livello di immigrazione, servirà un continuo flusso migratorio per mantenere in equilibrio la previdenza. Questo flusso cambierebbe la composizione etnica della società italiana. Come minimo dovremmo chiedere un parere ai cittadini».

Abbiamo alternative?

«Ci sono diversi modelli al mondo: il Giappone ha una popolazione più vecchia della nostra, e ha scelto di affrontare queste sfide senza il contributo dell’ immigrazione. Ma non possiamo mettere gli italiani di fronte al fatto compiuto, magari con la solita arroganza dei tecnocrati che dicono: sappiamo qual è il vostro bene, tacete e accettate. Niente è ineluttabile, su ogni questione il popolo sovrano ha il diritto di pronunciarsi».

Perché dice che i primi a credere alle frontiere sono i migranti stessi?

«Coloro che vengono dal Sud delle Americhe, o dalle zone subsahariane, ai confini ci credono tantissimo. E sognano di stare dalla parte giusta, dove esiste uno Stato di diritto. L’ ideologia no border è irreale da questo punto di vista».

Matteo Salvini fa bene a chiudere i porti?

«Credo sia solo una battaglia simbolica, marginale rispetto al problema. Da una parte e dall’ altra quella dei porti è diventata una guerra di bandiera. Così come Donald Trump si è inventato un muro con il Messico che però esisteva già: lo costruì Bill Clinton e lo ampliò George W. Bush con i voti dei democratici».

Una volta la sinistra italiana si ispirava a Pasolini e Umberto Eco. Oggi, a Greta Thunberg?

«Greta mi piace molto. Ciò che non accetto è l’ uso ideologico delle star di Hollywood. Quando Asia Argento diventa un’ eroina della sinistra, allora proprio non ci siamo più. Eravamo il partito di Elsa Morante, Rosa Luxemburg, Hannah Arendt. Il femminismo che da Simone de Beauvoir finisce ad Asia Argento è una perversione del “political correct” (politicamente corretto)».

Chi rappresenta meglio l’anima della sinistra oggi in Italia?

«Francamente sono un po’ a corto di nomi».

Dopo questa intervista il tribunale balneare di Capalbio la condannerà per alto tradimento. Con interdizione perpetua dall’ ombrellone.

«In effetti ho avuto scontri aperti con alcuni colleghi e amici. Mi sorprende positivamente l’ atteggiamento di Repubblica, che continua ad accogliermi come voce fuori dal coro. Ai tempi del centralismo democratico del Pci chi era fuori linea veniva espulso. Oggi, per mia fortuna, non sono stato ancora scomunicato».

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