Il caso dell’uccisione “stradale” dei due cuginetti di Vittoria, Alessio e Simone, è il ritratto “dell’Italia feudale” in cui ci ritroviamo ancora oggi a vivere. Dove, ormai, “i clan locali”, i “prepotenti”, risultano cointeressati o in grado di influire nella gestione dell’intera comunità locale. Come ai tempi del Far West. Ostentando, perciò, la certezza della propria impunità . Alla faccia del rispetto della legalità. Perché ? Come mai? L’Italia è ormai un consesso sociale civile senza più un Informazione libera che vigila, senza più un minimo sindacale ed omogeneo corretto esercizio della Giustizia, senza più partiti democratici : la Democrazia evapora. Così, i due bambini, sono stati uccisi due volte, prima dal figlio incensurato di un sospetto mafioso e poi da uno Stato che non è più in grado di assolvere al suo ruolo.

Eccola qui l’Italia infeudata dalla mafia che di solito preferiamo ignorare –  il nostro disonore storico, la nostra vergogna nazionale – che in troppi fanno finta che non esista più, che sia stata superata dai tempi nuovi e sgominata. Esclusivamente sostituita da un tipo più evoluto e internazionale di criminalità in colletto bianco che non ammazza, non sottomette, non vessa.

Tutto ciò, esce fuori da un caso di cronaca solo apparentemente, purtroppo, di routine. Un duplice omicidio stradale nelle vie di un paesino siciliano, Vittoria, provincia di Ragusa. Due ragazzini, cugini fra loro, Alessio e Simone, vent’anni in due, seduti sul gradino della porta di casa a giocare col cellulare. Una Jeep Renegade che si muove da padrona nei vicoli, a velocità folle, sbandando perché chi la guida parrebbe imbottito di coca ed alcool, provocando un impatto mortale. Alessio muore sul colpo, Simone ha le gambe tranciate e morirà due giorni dopo .

Ci sarebbe poco da dirne, se da questa atroce e insensata disgrazia non uscisse fuori, un pezzetto dopo l’altro, il ritratto di un’Italia minore dove esistono ancora cafoni e principi, persone che calpestano, e persone che devono rassegnarsi a essere calpestate, persino nel giorno dei funerali dei loro bambini.

Il primo pezzo della storia è la serata brava di Rosario Greco, 37 anni, primogenito del re degli imballaggi del paese, ritenuto vicino alla famiglia mafiosa gelese dei Rinzivillo. Guida come un matto – ubriaco e strafatto di cocaina – perché è il figlio del padrone, si sente intoccabile e probabilmente lo è: nonostante i precedenti per detenzione di arma, è libero e a bordo di un Suv, dove tiene uno sfollagente telescopico e una mazza da baseball. Dopo l’investimento lo prendono, lo arrestano, identificano e denunciano anche gli altri a bordo fra i quali c’è Angelo Ventura detto ‘U Checcu, pure lui pregiudicato, pure lui figlio di boss. È il primo pezzetto della storia, fin qui solo un orribile caso di cronaca nera. La Procura , poi, non gli contesta neanche il reato di omissione di soccorso.

Ma non basta. Assistiamo ad una sopraffazione morale maggiore. Al momento di organizzare i funerali si scopre che l’impresa funebre incaricata è di proprietà di un sodale della famiglia chi lo ha ucciso. Cosa risaputa da tutti. Tranne dagli organi locali dello Stato, che di ciò dovrebbero occuparsi e preoccuparsi.

Poi, nel giorno dei funerali di Alessio, con proclamazione del lutto cittadino – il paese è sconvolto, la partecipazione è enorme – mentre il padre chiede giustizia viene fuori che l’organizzazione delle solenni esequie è stata affidata all’agenzia di un tal Maurizio Cutello, coimputato di ‘U Checco in un processo per associazione mafiosa. A rivelarlo è il giornalista e scrittore Paolo Borrometi. Contro di lui parte una raffica di minacce via social, roba da non sottovalutare: Borrometi, si scopre, è stato già aggredito e mezzo ammazzato di botte qualche anno fa, quando si era occupato del misterioso omicidio del giovane e innocuo postino di Vittoria, un delitto rimasto impunito.

L’ultimo brandello della vicenda è la notizia che nel vortice delle indagini sui clan locali è finito sotto sequestro anche il commissariato di Vittoria: uno dei due proprietari dello stabile è un detenuto per mafia. Incassava dal Viminale 105mila euro l’anno per l’affitto.

In questa catena di fatti, agganciati uno all’altro come un gioco di scatole cinesi, c’è il ritratto dell’Italia minore e sottomessa che è sparita dalle prime pagine dei giornali e dall’agenda della politica, ormai distratti dal rincorrersi di emergenze più nuove e clamorose (e forse anche più facili da fronteggiare).

Postini morti, bambini falciati, giornalisti menati, clan cointeressati in tutto, dalle imprese funebri ai locali dove lavora la polizia, c’è da chiedersi come vivano a Vittoria (considerato uno dei posti più belli e civili della Sicilia) – e nei troppi Comuni minori dove suona la stessa musica – gli italiani normali? I non-figli di boss, i non iscritti a ciurme occulte, insomma quelli che stanno dall’altra parte (davanti al muso) delle Jeep Renegade, dei fucili, delle mazze da baseball : questa civile umanità che chance future ha ?

E la Politica cosa ha detto ? Alla notizia della morte del secondo ragazzino, Simone, la politica ha avuto un sussulto di interesse e dignità e in tanti hanno chiesto condanne esemplari e carcere duro per i colpevoli. Ma è stata una sequela di dichiarazioni di circostanza , roba dovuta. Invece, per riconnettere le troppe cittadine di Vittoria allo Stato, per farne un posto dove i delinquenti abbiano paura di esibirsi sgommando o dove i cittadini recuperino il coraggio della testimonianza, non crediamo basteranno un paio di processi. Sui cui esiti di giustizia sostanziale in molti dubitano già oggi. Tecnicamente si può ipotizzare l’esito di una possibile condanna, alla fine, addirittura inferiori ai tre anni.

Questa Italia feudale, iniqua, dimenticata, dovrebbe riconquistare un posto speciale sotto i riflettori pubblici ed essere tema centrale in ogni discorso – politico o giornalistico – sulle diseguaglianze. Quale diseguaglianza è più grande di non poter fermare un prepotente? Quale sopraffazione è più enorme del dover accettare che i funerali di tuo figlio siano fatti da un sodale di chi lo ha ucciso?

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