GUERRA UCRAINA. ANALISI DI GEOPOLITICA CONTROCORRENTE, SENZA CENSURE, Riportiamo di seguito tre autorevoli interventi : dell’economista Loretta Napoleoni, del massimo esperto italiano di geopolitica Lucio Caracciolo, del Generale Tricarico. In più vi proponiamo un insolito e lucido intervento del Governatore della Campania De Luca.
Ucraina, nessuno intende negoziare: tutti hanno da guadagnarci. Tranne noi europei
Loretta Napoleoni- – 24 APRILE 2022 – ilfattoquotidiano
Ormai è chiaro che né l’Ucraina, né la Russia, né gli Stati Uniti hanno intenzione di negoziare. Per la prima vige il principio che per la patria e per la libertà da Mosca ci si fa trucidare e si resiste fino alla distruzione totale della nazione e della popolazione. La seconda è saldamente in pugno a Putin, che non conosce la parola sconfitta e per quanto riguarda gli Stati Uniti, gestiti dal partito democratico, notoriamente guerrafondaio, hanno tutto da guadagnare dal prolungamento della guerra. Basta menzionarne i vantaggi economici: si pensi solo ai carichi di metano liquefatto che venderanno a noi europei, senza parlare del trionfo della Nato, creazione loro, che ormai ingloberà anche la pacifista, o meglio ex pacifista, Svezia, la ex diplomatica Finlandia e forse anche la ex neutrale Svizzera.
Gli unici che da questa guerra hanno solo da perdere siamo noi, gli europei. Avete dato un’occhiata alle bollette energetiche o fatto il pieno di benzina, e che dire dei prezzi dei biglietti aerei per le tanto desiderate vacanze estive…? E poi c’è l’inflazione alimentare, i tassi d’interesse che salgono, la stagflazione dietro l’angolo, più di quattro milioni di ucraini da sistemare, da aiutare. La lista è ben lunga.
Certo l’industria delle armi gongola, ma non è certo un volano per l’economia del vecchio continente. La stragrande maggioranza dei fondi di investimento non la toccano, come non investono nell’industria del tabacco. Ma non basta essere tartassati dalle conseguenze negative di una guerra che si poteva e si doveva evitare con la diplomazia, adesso al vecchietto Biden è stato dato un nuovo copione da recitare da chi gestisce il potere in America, e cioè il partito democratico e chi lo dirige, probabilmente la Clinton e il suo seguito. Nel copione c’è scritto di spingere la Nato ad entrare nel conflitto.
Questa settimana Victoria Nuland, la poco diplomatica e nota guerrafondaia Under Secretary of State for Political Affairs, ha ufficialmente dichiarato che la Nato deve intervenire per salvare gli assediati dell’acciaieria di Mariupol, ha spinto per un intervento della Nato in Ucraina. Andate ad aiutare gli assediati di Mariupol, esortava i vertici dell’organizzazione. Alla Nuland, talmente imperialista da far apparire Dick Cheney come un agnellino, dell’Europa interessa poco. Per lei noi siamo una colonia, esiste sono l’America e il nemico, che al momento si chiama Russia. I nemici si combattono con le guerre per procura: quella in Corea, in Vietnam, in Afghanistan, e adesso in Ucraina.
Un intervento della Nato ci farebbe entrare in guerra. Lo sanno tutti, anche i falchi della politica: chi sta usando per coprire debolezze interne o reinventarsi, e cioè come un’arma di propaganda. Ed eccone alcuni: Boris Johnson, di nuovo alle corde per le feste durante i lockdown; Macron sotto attacco da parte di Marine Le Pen nelle elezioni in Francia per aver fatto poco o niente durante il suo mandato; Ursula Von Der Leyen, che infilatasi il giubbetto antiproiettile ha colto l’occasione per liberarsi dell’immagine di noiosissima euroburocrate, incitando l’Ucraina a combattere fino alla vittoria, e ha consegnato a Zelensky il questionario per entrare nell’Ue pur non avendo i requisiti per farne parte, il peggior peccato che un euroburocrate possa commettere; Mario Draghi, che per far vedere che esiste manda armi e chiede l’embargo sul petrolio russo.
Tutta questa gente gioca con il fuoco, è bene che i lettori lo sappiano. Tante, troppe guerre sono scoppiate per questo motivo. Pensare che questa guerra finirà con la vittoria di Kiev grazie all’eroismo dei suoi cittadini e alle armi che gli stiamo dando è un’illusione pericolosissima che solo chi non conosce la storia può coltivare.
Siamo insomma nella politica dell’assurdo, come lo eravamo negli anni Trenta. E infatti mentre sbandieriamo l’importanza della libertà facciamo affari con i dittatori africani come Al Sisi. Il motivo è punire il super-dittatore Putin. Così facendo paghiamo il doppio per le nostre bollette, accettiamo che con le nostre tasse si producano armi e contribuiamo al surriscaldamento della Terra (molte centrali a carbone hanno ripreso a funzionare). Ma che bravi, noi sì che siamo liberi e democratici!
Ogni sera giornalisti semi-mummificati che intervistano colleghi ed esperti altrettanto fossilizzati ci ripetono questo mantra, questa è la cosa giusta. Accettiamo che tutto ciò che è russo venga cancellato dal mappamondo, persino gli atleti non possono partecipare agli incontri internazionali. Anche lo sport è entrato in guerra. Politica ed informazione sono a senso unico, proprio come negli anni Trenta in Germania, le voci fuori dal coro vengono stroncate e tacciate di essere a favore di Putin.
Forse la Nuland ha ragione, siamo una colonia degli Usa. Noi europei non ci siamo mai ripresi dal trauma della Seconda guerra mondiale, con i soldi del piano Marshall l’America ci ha chiuso in un recinto dal quale non siamo mai riusciti ad uscire. Tutti i tentativi di rifiutare i valori, i modelli – vedi il neoliberismo – che arrivavano dall’altra sponda dell’Atlantico sono stati inutili, la riprova? Il crollo della sinistra europea. Che fine ha fatto quella svedese? E quella italiana? Per non parlare dei laburisti inglesi. Dove sono finiti gli intellettuali che difendevano i veri valori della libertà, quelli dell’informazione senza propaganda, della libertà di pensiero, di parola, di opinione? Ma soprattutto la libertà di scegliere la pace?
Unica, miserabile consolazione in questa catastrofe intellettuale è che ai compagni come Giulietto Chiesa o Henning Mankell questa ultima umiliazione è stata risparmiata.
FACILE FARE LA GUERRA CON IL CULO DELL’EUROPA, ITALIA COMPRESA – LUCIO CARACCIOLO: “SIAMO AL FRONTE PERCHÉ L’AMERICA HA DECISO CHE LA GUERRA CONTRO UNA SUPERPOTENZA ATOMICA SI COMBATTE PER PROCURA. E DISSIMULANDO IL PROPRIO LIMITATO IMPEGNO DIRETTO” – “SI PUÒ E SI DEVE DISCUTERE SULL’OPPORTUNITÀ E SULLA MORALITÀ PER L’IMPERO AMERICANO DI COMBATTERE CONTRO I RUSSI FINO ALL’ULTIMO UCRAINO. MA ALMENO BISOGNA RICONOSCERE A KIEV IL DIRITTO – E IL DOVERE – DI STABILIRE CHE COSA VOGLIA. E POSSA. NON È ILLOGICO IMMAGINARE CHE IN CASO DI CONFLITTO PROLUNGATO LA SOLIDARIETÀ ATLANTICA SI ALLENTEREBBE…”
23 APR 2022 – Lucio Caracciolo per www.lastampa.it
Siamo in guerra. Ma per quale vittoria? E se non lo sappiamo, come potremo stabilire se avremo vinto o perso, quando mai finirà? Dopo due mesi di massacri, sarebbe utile provare a rispondere a queste domande. Il fatto che si tenda a evitarle rivela le ambiguità che segnano il nostro modo di affrontare questo conflitto. È infatti guerra strana la nostra, tanto è tragica la macelleria in Ucraina.
Quando i russi hanno invaso il loro vicino occidentale, illudendosi di sfilare in parata a Kiev nel giro di pochi giorni, sapevano quel che volevano. L’obiettivo era sbagliato, ma chiaro. Come abbastanza leggibile sembra l’attuale piano B, che verte sulla connessione della Crimea alla Federazione Russa via Donbass allargato (quanto?).
Noi abbiamo immediatamente solidarizzato con gli ucraini, inviato armi, denari, aiuti umanitari. Ma ancora non sappiamo che cosa concretamente si prefiggano, legittima propaganda a parte. Non siamo al fronte, perché la Nato – l’America – ha deciso che la guerra contro una superpotenza atomica si combatte per procura. E dissimulando il proprio limitato impegno diretto.
Si può e si deve discutere sull’opportunità e sulla moralità per l’Occidente – l’impero americano – di combattere contro i russi fino all’ultimo ucraino. Ma almeno bisogna riconoscere a Kiev il diritto – e il dovere – di stabilire che cosa voglia. E possa. Non è illogico immaginare che in caso di conflitto prolungato la solidarietà atlantica si allenterebbe, scoprendo le faglie sotterranee oggi coperte dalle sanzioni. Giustamente gli ucraini si sentirebbero traditi.
Di qui due considerazioni. Primo, se appoggiamo un altro Paese a prescindere, dobbiamo sapere dove questo voglia andare. Meglio: tornare. Secondo, se ci rifiutiamo di combattere direttamente i russi, sul campo, dobbiamo riconoscere a chi sul terreno si gioca la vita di decidere come e quando dichiarare vittoria.
Naturalmente discutendone con loro e fissando nostre linee rosse. Più coerente sarebbe, visto che siamo comunque impegnati per l’Ucraina, discutere con Kiev e con gli alleati quali siano i lineamenti di un compromesso accettabile e spacciabile per vittoria. E quali invece le concessioni che non dovremo mai fare.
E’ molto probabile che da questa guerra non usciremo rapidamente. Certo non via trattato di pace che determini l’assetto territoriale dell’Ucraina. Ovvero il grado di amputazione che Kiev di fatto subirà e che non potrà mai formalmente accettare. O la sconfitta che la Russia dovrà assorbire per essere andata oltre i suoi mezzi. Ciò esclude una vera fine della guerra.
Per noi italiani molto sembra volgere al peggio. Abbiamo un nemico bellicoso, incattivito e imprevedibile non lontano dalle nostre frontiere orientali (Ucraina) e prossimo alle meridionali (Cirenaica). In sede atlantica non abbiamo quasi voce in capitolo.
Anzi proclamiamo che faremo quel che decideranno gli alleati, i quali correttamente si chiedono perché mai dovrebbero integrare i nostri interessi nelle loro equazioni, visto che siamo a disposizione. Non solo, la Nato si concentra sul fronte baltico e sguarnisce il Mediterraneo. Sarebbe l’occasione di assumere le nostre responsabilità nella protezione del vitale spazio marittimo.
Per la quale non abbiamo i mezzi, finché non decideremo di dotarcene. Se i colli di bottiglia da cui si governa il mare di casa venissero chiusi da potenze nemiche noi saremmo fritti. Si può immaginare un Paese senza quasi materie prime e con una forte vocazione all’esportazione accettare il blocco delle linee di comunicazione con gli oceani? E se per caso un sottomarino russo inciampasse negli strategici cavi Internet che corrono sotto lo Stretto di Sicilia, a noi non importerebbe?
Non dubitiamo che nel governo e negli apparati si lavori alacremente a questi scenari. E che vi si abbiano chiari gli obiettivi per cui siamo impegnati in questa guerra relativamente indiretta. Sono temi così scabrosi da non poterne discutere apertamente, in Parlamento? Parrebbe di sì. Speriamo di no. Dopo due mesi, attendiamo ancora una parola solenne e autorevole che spieghi a un Paese in guerra che è in guerra – a suo modo. E che cosa significherà vincerla. O perderla.
“SAREBBE ORA CHE SI LEVASSERO VOCI CRITICHE DEI GOVERNI EUROPEI PER CHIEDERE LA FINE DELLE OSTILITÀ” – SECONDO IL GENERALE LEONARDO TRICARICO L’UE NON DEVE ANDARE DIETRO A BIDEN E ALLA SUA “PERENTORIA CAMPAGNA PER LA SCONFITTA TOTALE DI PUTIN, CHE POTREBBE DURARE ANNI” – LA TESI CONDIVISA DA UN ALTRO GENERALE, MARCO BERTOLINI: “NON C’È L’INTENZIONE DI CHI SUPPORTA ZELENSKY DI PUNTARE A UNA PACE…”
23 APR 2022 16:05 – www.liberoquotidiano.it
Secondo il generale Leonardo Tricarico è necessario che al più presto l’Europa si smarchi dalla politica di Joe Biden che vuole una “sconfitta totale di Putin”, impossibile da ottenere in tempi brevi. “Nella campagna d’Ucraina, Putin ha subito una sconfitta militare tale da certificare che Mosca in futuro non sarà più un pericolo”, sostiene il generale su Il Fatto quotidiano.
“Non ha raggiunto gli obiettivi minimi prefissati. Neppure Mariupol è caduta, soldati e civili non rendono le armi. È pure dubbio che le sue forze mantengano quel che hanno conquistato. Così assistiamo al tragico gioco dell’oca al ribasso, coi soldati che colpiscono con più brutalità e il loro leader che sembra Kim Jong-un, tra la sceneggiata per un ordinario missile intercontinentale o la diretta streaming con Shoigu”.
Ma la sconfitta dello zar deve farci riflettere. “Il differenziale militare emerso con la Nato ridimensiona il pericolo a Est nei decenni a venire: dal pacchetto di mischia capeggiato dagli Usa sarebbe ora si levassero voci critiche dei governi europei per chiedere di promuovere la fine delle ostilità”, conclude Tricarico, “anziché la perentoria campagna per la sconfitta totale di Putin, che potrebbe durare anni”.
Una tesi condivisa da un altro generale, Marco Bertolini, che sempre sul Fatto dice: “Non c’è l’intenzione di chi supporta Zelensky di puntare ad una pace. La Vonder Leyen hadetto che bisogna ‘arrivare alla vittoria’, che poi significa la sconfitta della Russia. Se queste sono le premesse, vuol dire che l’Ue spinta dagli Usa si sta orientando ad alimentare una lotta continua contro la Russia che potrebbe durare a lungo. Le conseguenze sono più politiche che tattiche”. E ancora, “se il negoziato non c’è, perché gli Usa non lo vogliono, la guerra va a vanti chissà quanto. Ed è una cosa spaventosa”.
“ZELENSKY È UN UOMO CORAGGIOSO MALATO DI IRRESPONSABILITÀ” – VINCENZO DE LUCA NON SI FA INFINOCCHIARE DALLA RETORICA DELLA RESISTENZA DEL PRESIDENTE UCRAINO: “CHIEDE DUE COSE: LA COPERTURA AEREA DALLA NATO CHE SIGNIFICA TERZA GUERRA MONDIALE E IL BLOCCO DELLE FORNITURE ENERGETICHE E CIOÈ LA MESSA IN GINOCCHIO DEI PAESI DELL’OCCIDENTE E IN PARTICOLARE DI GERMANIA E ITALIA” – “CHARLES MICHEL È UN SOGGETTO IMPROBABILE CHE VA GIRANDO DICENDO STUPIDAGGINI. VA AFFIDATO AI SERVIZI SOCIALI…”
23 APR 2022 15:33 – Da www.iltempo.it
«Zelensky è un uomo coraggioso malato di irresponsabilità. Chiede due cose: la copertura aerea dalla Nato che significa terza guerra mondiale e il blocco delle forniture energetiche e cioè la messa in ginocchio dei paesi dell’occidente e in particolare di Germania e Italia».
Lo dice il presidente della Campania Vincenzo De Luca in apertura del suo consueto appuntamento social con la diretta Facebook del venerdì pomeriggio. Il governatore dedica un abbondante spezzone per commentare gli sviluppi del conflitto tra Russia e Ucraina. «Andiamo a rotta di collo verso un allargamento del conflitto», dice De Luca che poi si interroga chiedendosi «cosa è successo in questo anno per determinare la fine del mondo a cui stiamo assistendo?».
È lui stesso a fornire la risposta: «Una sola cosa è cambiata – spiega -. Da settembre-ottobre l’Ucraina ha avviato il percorso per entrare nella Nato. Questo è l’unico elemento che sulla base dei fatti, non delle ideologie, ha cambiato la scena internazionale. Noi abbiamo risposto che l’Ucraina è un paese libero e poteva entrare come e quando voleva nella Nato», dice l’inquilino di Palazzo Santa Lucia ,che riferendosi all’Ucraina parla di «democrazia calpestata» quattro anni prima dell’elezione di Zelensky quando un «colpo di stato ha rovesciato il governo del presidente Janukovich regolarmente eletto».
E secondo De Luca anche oggi le cose non sono migliorate: «Il capo dell’opposizione ora è arrestato perché non la pensa come il governo» affonda il Presidente della Campania prima di scagliarsi anche contro l’alleanza atlantica: «La Nato non è un’alleanza difensiva, è a corrente alternata.
Sono innumerevoli le iniziative militari prese dalla Nato in totale illegalità internazionale. La guerra contro la Libia, l’uccisione di Gheddafi, la seconda invasione dell’Iraq. La Russia è colpevole ma nessuno è innocente – prosegue quindi De Luca -. La Russia è colpevole per aver dato vita alla guerra preventiva. Come Bush in Iraq, Putin ha fatto la stessa cosa. Ma l’occidente non è innocente – sottolinea -E l’Ucraina ha violato gli accordi di Minsk garantiti da Merkel e Hollande. C’era Putin e i presidenti di Bielorussia e Ucraina, si stabilì una modifica costituzionale per garantire l’autonomia del Donbass. Ma questa modifica non è stata mai fatta: il mondo è estremamente complesso e innocenti non ce ne sono».
«Eravamo partiti con la consegna di armi difensive per l’Ucraina. Ora ci sono droni, carri armati e missili. Questa è un’altra cosa. È la scelta degli Usa per mettere in ginocchio la Russia e il regime russo. Questo può essere un interesse degli Stati Uniti ma sicuro non lo è dell’Europa.
Gli Stati Uniti non hanno problemi di sicurezza, problemi energetici e problemi alimentari. L’Europa li ha, abbiamo interessi diversi e non è un delitto sottolinearlo. Sarebbe meglio quindi che l’Europa desse segni di vita, ma non ho molte speranze. Quando sento parlare un elemento come Michel – dice De Luca riferendosi al presidente del Consiglio Europeo Charles Michel.- questo soggetto politico improbabile che va girando dicendo stupidaggini. Questo è uno che va affidato ai servizi sociali, altro che rappresentare l’Europa non si capisce a che titolo».