La fake news sui lavori stagionali nel settore del turismo stagionale danneggiati per l’estate 2019 dal Reddito di Cittadinanza. “La balla”, ripresa e pubblicata da tutti i media, è smontata con tutta la sua leggiadra ironia (al confine con il sarcasmo) dallo scrittore Alessandro Robecchi: “Poveri imprenditori! Adesso, come faranno a rinunciare pure ai loro bagnini schiavi? ”.
Uno scenario raccapricciante. Una situazione spaventevole e foriera di tregenda. Gabicce Mare, Italia. Scena: interno giorno, pizzeria. I clienti spazientiti si alzano dai tavoli e infornano da soli le loro pizze. Turisti belgi lavano i piatti. Le mogli sono salite a rassettare le stanze dell’albergo.
Esterno giorno : si compila la lista degli annegati, perché i bagnini erano “giovani del Sud” che adesso che sono ricchissimi col reddito di cittadinanza, “col cazzo che vengono a Gabicce a fare i bagnini”. Vale anche per camerieri, cuochi, aiuto cuochi, fattorini, commessi, baristi.
Insomma, ha fatto rumore il grido d’allarme lanciato dal sindaco di Gabicce Domenico Pascuzzi: manca personale per la stagione estiva perché “quelli che mancano sono i destinatari del reddito di cittadinanza”. Mannaggia! Non c’è giornale italiano, sito, rivista, blog, che non abbia ripreso e rilanciato questa notizia.
Come faremo? Moriremo tutti ?
Un senatore del Pd eletto in Toscana, non dei più svegli, salta subito sul carretto: “Ecco, pagano la gente per stare a casa!”.
Fine del siparietto. Tutta roba archiviabile come rumore di fondo. Anche perché, naturalmente, non è così. Il presidente degli albergatori del posto dice (intervistato da IlFattoQuotidiano) che il reddito di cittadinanza non c’entra niente. Insomma è circolata in lungo ed in largo una fake news in piena regola (aggiungo che se uno l’anno scorso ha lavorato a Gabicce, regolarmente, coi contributi, e dichiarato tutto per bene, il suo Isee non gli concederebbe quest’anno il reddito di cittadinanza).
Allarmismo e furbizia, conditi come spesso avviene con quella sottile patina di scandalo borghese, antico come il mondo: “signora mia, dove andremo a finire! ”. Un borbottio da padroni, travestito da moralismo: il reddito di cittadinanza è “diseducativo” (sempre il senatore di prima). Cioè che ti disabitua a prendere un treno da Salerno o Avellino, e andare “a fare la stagione” in Romagna alla pensione Vattelapesca, dieci-dodici-quindici ore al giorno, mensile pagato metà in nero, per guadagnare alla fine un salario da fame e senza diritti. Come, subito, hanno confermato e precisato in rete migliaia di “fannulloni” dal loro divano. Raccontando, a ragion veduta, le loro esperienze di vite reali da stagionali.
Ma i più attenti riconosceranno in questa schermaglia pre-estiva, un nucleo centrale della narrazione dei padroni di questi anni. Una balla che rimbalza periodicamente su titoli e titoloni, servizi dei Tg, costernate filippiche: la favola dell’imprenditore che non trova i lavoratori, che pure assumerebbe felice e generoso, ma quelli niente, maledetti, non hanno voglia di lavorare. E’ una favola bella, ma solo all’inizio, perché poi immancabilmente, qualcuno va a vedere meglio. E così si scopre che l’annuncio era un cartello di carta sulla vetrina, o su Facebook, oppure che le condizioni del lavoro offerto estemporaneamente sono insopportabili, o gli orari assurdi, e comunque la paga troppo bassa. Dopo la notizia (tipo: “Panettiere disperato su butta nel forno perché non trova garzoni”) arrivano migliaia di domande e curriculum, ovvio. Ma intanto la voce gira, la favola si innalza di volume, si consolida, il sentire comune diventa: “Guarda, il lavoro c’è, ma la gente non ne ha voglia”.
E’ che il costante dumping a ribasso sui salari, la frammentazione dell’organizzazione del lavoro, il disprezzo per i contratti nazionali, la mortificazione diffusa del ruolo del lavoratore, hanno bisogno di un sostegno narrativo, di una voce diffusa che li sostenga in qualche modo. Del tipo “Signora mia, dove andremo a finire!”.
Una piccola marea. Un’increspatura di indignazione popolare, costante, immutabile. Ogni volta risvegliata dalla notizia del giorno. Da un sindaco di Gabicce o di altrove, per cui i giovani non vogliono più fare questi lavori perché non vogliono lavorare.
Questi fannulloni, nello storytelling padronale degli ultimi otto anni, sono quasi sempre giovani, quasi sempre “del Sud” e sempre immancabilmente fancazzisti. Giovani “Diseducati” ad accettare regole del mercato che scivolano spesso (e volentieri!) verso la schiavitù.
Ma roba da matti ! Rifiutare la schiavitù come orizzonte di vita. Che stronzi e parassiti questi giovani fancazzisti. “Signora mia creda a me : questi non hanno proprio voglia di lavorare, eh? “