Al 4 Maggio sono state già erogate 500mila posta -pay per il Reddito di Cittadinanza. Cominciano a raccontarsi le prime storie su quanto e come sta incidendo nelle vite di tanti “ultimi” di lungo o breve corso : “Ora mio figlio può riprendere la cura”, “posso comprare carne rossa”. La testimonianza di Vera : “Se il reddito di cittadinanza farà di me – disoccupata o precaria a tempo alterno – una parassita, beh me ne farò una ragione!”
Una famiglia ha ripreso a mandare il figlio dal dentista. Un altra ha iniziato a variare l’alimentazione inserendo carne e pesce nel carrello della spesa. Un single ha smesso di contare gli spiccioli prima di entrare nel supermercato. Un padre , per la prima volta in nove anni, ha organizzato una festicciola per il compleanno della sua bambina. I primi 500 mila beneficiari del reddito di cittadinanza hanno da pochi giorni in mano la carta PostePay; alcuni hanno raccontato al Fatto Quotidiano dell’effetto che questo ha avuto il RdC nella loro vita, di come ora possono permettersi cose alle quali hanno sempre rinunciato. Si tratta quasi sempre di beni di prima necessità, cibo e medicinali, ma non mancano i simboli che consentono loro di sentirsi meno discriminati.
“Dopo aver stretto la cinghia per anni – spiega Daniele – posso andare a mangiare una pizza, non ricordavo più che sapore avesse. E posso entrare nei negozi senza dover controllare i centesimi che mi erano rimasti”. La sua storia è quella di un uomo che ha lavorato per anni al mercato ortofrutticolo di Sassari, poi nel 2016 ha dovuto smettere a causa di un problema di salute. Tutto quello che gli era rimasto è la pensione di invalidità da 280 euro. Il 16 aprile l’Inps gli ha comunicato tramite sms che la sua domanda di reddito di cittadinanza è stata accettata e che la cifra mensile riconosciuta è 500 euro. Una decina di giorni fa gli hanno consegnato la card carica: “Ho pagato l’affitto, la luce e ho preso dei capi di abbigliamento”, ha spiegato. Vive da solo e, dopo la malattia ha avuto un crollo psicologico: “Devo tutto al supporto di una mia amica. So io quanti pianti mi sono fatto in casa in questi anni. E adesso quando rientro non mi chiudo nella malinconia che avevo quando non sapevo cosa mangiare”.
Sembra quindi che, se da un lato c’è qualcuno che è rimasto molto deluso perché ha ricevuto cifre che ritiene insufficienti – come i 35 mila che prendono meno di 50 euro al mese – c’è chi invece sta percependo un sostegno tale da permettergli di cambiare vita e adottare abitudini più sane a partire da quelle a tavola.
È il caso di Lilly, che ha 43 anni e vive dalle parti di Civitavecchia (Roma). Alcuni giorni fa è andata a ritirare la tessera accompagnata dalle telecamere di DiMartedì (La7). In famiglia sono in quattro e fino al mese scorso prendevano 380 euro di reddito di inclusione (Rei). Adesso invece possono contare su poco più di 800 euro di reddito di cittadinanza.
“Prima si acquistava un po’ di carne rossa e pesce in meno – ha detto al Fatto – perché sono alimenti più costosi. Ora sono riuscita a comprarne di più, e non siamo più costretti a mangiare sempre pasta. La nostra dieta è diventata più equilibrata, ho due bambini che sono in fase di crescita ed è importante soprattutto per loro equilibrare l’alimentazione”. Può sembrare una banalità, ma non è così: la possibilità di garantirsi pasti sufficientemente proteici è considerato uno dei fattori che indicano un tenore di vita dignitoso; l’assenza di carne e pesce dalla dispensa, invece, contribuisce a definire uno stato di grave deprivazione materiale. Alla base, insomma, c’è un discorso legato alla salute. “Mio figlio di 14 anni – aggiunge Lilly – stava anche facendo una cura presso un dentista privato, ma poi l’abbiamo interrotta perché non riuscivamo più a sostenerla. Adesso credo che siamo nelle condizioni di riprenderla”.
Le famiglie con figli minorenni sono quelle che, in genere, hanno più spese. Quella ordinaria e il corredo scolastico sono priorità. Ma accanto a queste ci sono gesti simbolici. Mario vive nella periferia di Roma e anche lui con l’arrivo del reddito di cittadinanza ha raddoppiato la dote: da 460 a 900 euro. Ha due bambine con lievi disabilità, e quella cifra è ancora un po’ bassa rispetto alle sue necessità, ma di certo ora lui e sua moglie sono più sereni rispetto a prima. “Ieri sono andato a prenotare la prima festa di compleanno di mia figlia con la scuola, è la prima volta che lo stiamo facendo in nove anni”. Per il resto, Mario ha usato la carta per i classici acquisti: “Ho pagato l’affitto, abbiamo fatto la spesa e ho preso dei medicinali dalla farmacia. Adesso aspetto di sapere se sarà possibile anche comprare vestiti o scarpe”.
Non dovrebbero esserci problemi, perché il presidente dell’Inps Pasquale Tridico ha detto che sarà precluso solo il gioco d’azzardo, ma oltre a questo non ci saranno acquisti considerati “immorali”. A prescindere dalle quantità, per Mario la soddisfazione sta anche nel dover chiedere meno aiuti ai suoi genitori: “Fino allo scorso mese abbiamo fatto molto affidamento su mio padre e mia madre, ora posso dare loro un po’ più di respiro”. Il welfare statale, insomma, si è sostituito a quello famigliare.
L’altroieri il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha condiviso una notizia su Facebook: un signore con problemi alla vista che ha acquistato con il reddito di cittadinanza un paio di occhiali che prima non riusciva a permettersi. Il post, come sempre succede, ha generato reazioni differenti. Qualcuno ha riso della vicenda, altri hanno espresso perplessità. Altri ancora hanno aggiunto la propria testimonianza. “Io ho finalmente pagato serenamente le bollette – ha scritto Luciano – Non sono più solo e abbandonato dallo Stato”.
Se il reddito di cittadinanza farà di me – disoccupata o precaria a tempo alterno – una parassita, beh me ne farò una ragione !
Vera Eropo – blogger – il FattoQuotidiano.it
Quando non hai un lavoro fisso la scansione settimanale è un po’ più confusa. Domenica, lunedì, venerdì, non fa molta differenza. Ci sono volte che ti capita di lavorare il fine settimana e volte che non hai niente da fare per tutta la settimana, il mondo dei lavori precari non è organizzato secondo calendari precisi; lavori quando qualcuno ha bisogno di te e il tutto si confonde in settimane come queste, piene di festività e relativi ponti, che scombinano anche il calendario esterno e sembra sempre sabato.
Ho mandato altri curricula, ho ricevuto un paio di “le faremo sapere”, ho passato le feste in campagna, dai miei genitori e poi, l’altro giorno, mi sono ritrovata fra le mani la notizia della protesta dei rider. Ora non è compito mio giudicare le modalità e le forme della protesta, se hanno fatto bene o male, se hanno raggiunto i risultati che volevano oppure no; i rider protestano da un po’ e le loro rivendicazioni sono un po’ più strutturate di quello che è arrivato in tv in questi giorni; però stavolta la notizia è arrivata, se ne parla e a me la cosa che ha colpito di più non è la notizia in sé ma la reazione alla notizia di un sacco di gente.
Se qualcuno se lo fosse perso, i rider hanno pubblicato una lista di clienti ricchi che non danno mai le mance; ma proprio mai, neanche se piove o se è particolarmente tardi o fa un freddo cane; mai. A margine, quello delle mance non era neanche il punto principale della questione, ma visto che c’erano i nomi di personaggi famosi, alla fine ci si è ridotti a parlare di quello: ora a me verrebbe da pensare che se devi scegliere se stare dalla parte di un povero cristo che guadagna una miseria e un riccone che non ha voglia di cucinare e non si degna di darti la mancia nemmeno se fuori diluvia, scegli istintivamente il primo, a meno che tu non sia uno dei ricconi in questione; però non è andata esattamente così, se non ci credete potete andarvi a leggere i commenti su Facebook o su Twitter. A voi sembra normale? A me no.
In questo Paese, in questa nostra assurda società, se sei povero oggi spesso finisci per prendertela con altri poveri e stare dalla parte dei ricchi. Vivi con l’illusione che un giorno sarai ricco anche tu e che la tua ricchezza sarà la misura (l’unica disponibile e riconosciuta) del tuo successo e della tua realizzazione personale.
Se sei povera, sei da disprezzare, soprattutto se non mostri l’asfissiante necessità di diventare ricca a tutti i costi. Se sei povera, non hai diritti, non te li meriti. Se sei povera devi accettare qualunque cosa. Se sei povera devi mettere da parte la tua dignità di persona perché, se sei povera, fondamentalmente sei un parassita.
Purtroppo, il concetto in materia, ormai, più diffuso è quello che se sei povero non può che essere colpa tua. E lo Stato, la società in cui vivi, il modo in cui si è organizzato in tutto questo, non debbano svolgere nessun ruolo e non abbiano nessuna responsabilità.
Perché ormai non facciamo nessuna fatica ad accettare un mondo che sfrutti delle persone per fare consegne a domicilio pagandole una miseria e senza nessuna garanzia se si spaccano i denti o le ossa sotto la pioggia. Ma facciamo fatica a pensare che lo Stato possa destinare una parte del proprio bilancio a far sì che la parte povera della popolazione possa vivere in maniera un po’ più dignitosa; la prima cosa ci pare forse sbagliata, ma del tutto normale; la seconda magari ci sembra anche giusta, ma guai se qualcuno si mette in testa di realizzarla.
Non ho la combinazione giusta di fisico ed età per fare la rider, non credo che ne uscirei viva, ma ne ho fatti diversi in passato, di lavori di questo tipo (e non escludo che sarò costretta a farne altri in futuro) e posso dire che c’è molta poca dignità nel modo in cui sono trattate le persone che li fanno e, come nel caso dei rider, quando protestano finisce anche che qualcuno finisca per far loro la predica; perfino parlare di ricchi o di poveri è una cosa che suona male, che ci disturba, che ci mette a disagio.
Magari lo percepiamo anche che c’è qualcosa che non va, ma in fondo abbiamo metabolizzato il fatto che le cose resteranno così; e il reddito di cittadinanza sembra una cosa scandalosa perché rischi di prendere più soldi con il reddito che come rider; e poi chi lo farà il rider se mettiamo delle persone che muoiono di fame nelle condizioni di rifiutare un lavoro che rischia di essere disumano?
Ecco, se il reddito di cittadinanza metterà me o qualcun altro nelle condizioni di dire di no a lavori che non sono lavori, ma forme di sfruttamento che vanno oltre la decenza umana, e di vivere modestamente e dignitosamente tra un lavoro precario e l’altro, per me quello già quello sarà un risultato; se questo significa essere una parassita, me ne farò una ragione